Pierre Kalulu è rimasto nel pensatoio per qualche giorno in più, ma non aveva rifiutato la Juventus nella mattinata di lunedì. Piuttosto stava continuando a riflettere, si stava mentalizzando sulla svolta della sua giovane carriera, aspettava soltanto il momento giusto per sciogliere le ultime riserve. Un giovane di 24 anni vuole, pretende, certezze all’interno del suo percorso, probabilmente la formula del prestito con diritto di riscatto le aveva leggermente minate. Ma senza comunque prendere la strada del no assoluto, anzi. Al telefono Thiago Motta era stato chiaro e conciso, della serie “ti voglio, avrai le tue soddisfazioni”. Oggi il posto fisso lo pretende Checco Zalone, e a quello magari non si rinuncia quando ti propongono avventure, nel caso di Pierre il balzo in carriera era comunque considerato di prestigio. Alla fine ha detto sì, la Juve verserà circa 20 milioni tra prestito oneroso, diritto e bonus, ha aggiunto una percentuale del 10 per cento da eventuale rivendita, affare fatto. Kalulu sarà prezioso, vorrà dimenticare qualche mese rossonero condizionato da un grave infortunio, con Thiago Motta al comando della truppa potrà migliorare – c’è da giurarci – anche dal punto di vista tattico. La Juventus ha aperto alla Roma per Dialó, con la stessa formula del prestito più diritto di riscatto, ma a condizioni economiche chiaramente diverse. Adesso si prepara ad affrontare le ultime curve del mercato: i chiodi fissi sono sempre due, Koopmeiners e Nico Gonzalez, sapendo di dover ancora affrontare qualche resistenza e un minimo di pressione. Poi cercherà di aggiungere un altro esterno offensivo, tra Francisco Conceicao, Sancho oppure una sorpresa dell’ultim’ora. A quel punto Thiago avrà il pacco dono che aspettava per modellare la squadra a sua immagine e somiglianza, le premesse sono state già molto incoraggianti.
La gogna mediatica è una brutta roba, si vive di antipatie e simpatie, in questo modo i giudizi sono buffi, goffi e in qualche caso ridicoli. Prendiamo le storie di Kooomeiners e Lookman, completamente diverse e bisognerebbe dire agli antipodi, eppure con giudizi diametralmente opposti. Meglio utilizzare un altro aggettivo: assurdo. Koop avrebbero dovuto mandarlo all’inferno, il Diavolo, una sfilza di “non ci si comporta così”. Quando lui, l’olandese volante, aveva avuto la scorsa estate la promessa che sarebbe andato via in presenza di una proposta importante e dopo che l’Atalanta aveva rifiutato – a Ferragosto e dintorni – una proposta del Napoli da 47 milioni. A Koop avevano detto “resisti con noi e tra un anno ti accontenteremo”. La scorsa primavera Teun aveva sottolineato come il suo desiderio sarebbe stato quello di cambiare in presenza di un’offerta da parte di un top club, nessuno aveva ribattuto. Poi lui ha visto che quelle promesse non sono state (fin qui mantenute) e lo hanno fatto passare per il Satana di turno, pazzesco. Lookman (l’Acqua Santa) invece si sveglia una mattina, gli dicono di una presunta offerta del PSG e decide di non partire per il Salento, lasciando i compagni nello sconforto. Eppure, lo hanno quasi beatificato mediaticamente, quasi consegnandogli l’aureola. Un modo inconcepibile, all’italiana, di fare figli e figliastri. Intanto, l’Atalanta è sempre più scatenata: Bellanova dopo Samardzic e Brescianini per un mercato stellare.
La vicenda Dybala è molto diversa da quella di Chiesa, ci sono zero dubbi in tal senso. Per la Roma l’argentino è stato fondamentale fino a 10 minuti fa, salvo poi scoprire che forse sarebbe meglio salutarsi e fare un bel risparmio. Nessuno sa da chi sia partita la prima mossa, forse dall’entourage di Paulo e la Roma non vedeva l’ora. Fatto sta che una storia del genere non può essere gestita, comunque vada, a 10 giorni dalla fine del mercato. Gli allenatori dicono che non si può lavorare con le trattative aperte e dal loro punto di vista hanno ragione. Ma sarebbe più giusto che gli allenatori, il discorso è generale, avessero dirigenti figli della programmazione. Se uno come Dybala non ti sta più bene, decidilo a fine giugno, non con il campionato già avviato. Quella di Chiesa è una storia diversa, chiarita già lo scorso giugno e destinata a non rientrare anche nel malaugurato caso in cui non dovesse andar via entro il 30 agosto. Malaugurato soprattutto per lui, rischierebbe una stagione in tribuna con i motori completamente spenti: gli conviene?
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