Lacrime e commozioni alle Olimpiadi, il momento tanto temuto è purtroppo arrivato: un addio struggente, niente sarà più come prima
Gli infortuni gli hanno dato il tormento per anni, eppure lui non si è mai arreso. Ci ha provato sempre e comunque, fino alla fine, finché ha potuto. Finché il suo corpo glielo ha permesso. Anche quando sembrava che fosse lì lì per mollare, eccolo che, puntualmente, tornava in campo a battersi con orgoglio. Tenace, fiero, competitivo come è stato dal primo giorno in cui ha messo piede nel circuito maggiore.
La carriera da tennista professionista di Andy Murray è ufficialmente finita in una sera di inizio agosto, al cospetto di un pubblico che non sapeva ancora che avrebbe assistito, di lì a breve, ad uno degli addii più commoventi della storia. Un campione che è stato in vetta al ranking per tanto, che ha vinto 3 tornei del Grande Slam e che tanto ha condiviso con i mitici Big Three, vale a dire Roger Federer, Rafael Nadal e Novak Djokovic.
“Comunque il tennis non mi è mai piaciuto”, ha poi ironizzato al culmine di una serata indimenticabile, nel tentativo di sdrammatizzare e di invertire il trend della giornata. Un giovedì caldissimo, scandito dalle lacrime, dalla commozione, che ha voluto tuttavia concludere alla sua maniera, con quello humor inglese che gli è sempre appartenuto.
Si è congedato in quel di Parigi, nel bel mezzo delle Olimpiadi. Ha giocato il doppio con il collega britannico Daniel Evans e, insieme, hanno raggiunto i quarti di finale, dove sono stati eliminati dal duo composto da Tommy Paul e Taylor Fritz. Si è spinto più in là che poteva ma, a 37 anni, ha ritenuto che fosse giunto il momento, evidentemente, di appendere la racchetta al chiodo.
Lo stadio Suzanne Lenglen, manco a dirlo, ha “tremato”, al termine dell’ultima partita ufficialmente giocata da Murray. Il minimo che il pubblico potesse fare era salutarlo con una standing ovation. E c’è stata, eccome se c’è stata. Un’ovazione da brivido, accompagnata dal suo nome urlato a squarciagola.
Ancor più bello, poi, il tributo che ha inteso rendergli la Federazione inglese che, in serata, ha annunciato che lo splendido campo centrale del Queen’s Club di Londra porterà il suo nome a partire dalla prossima stagione: si chiamerà Andy Murray Arena. E poco importa, a questo punto, che la terza medaglia d’oro olimpica gli sia sfuggita di mano. La scelta della Federazione dovrebbe compensarne, in teoria, l’assenza.
Le lacrime sul viso di Andy, poi, hanno detto tutto. Da una parte, il sollievo di non dover più combattere contro un corpo che non era più in grado di supportare la sua ambizione; dall’altro, la tristezza, comprensibilissima dopo una vita votata al tennis. Un lottatore, un tennista fenomenale che nessuno potrà mai e poi mai dimenticare.
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