I tifosi sono l’anima del calcio, ma rappresentano anche le sue contraddizioni. I social come boomerang. Basta avere memoria per sottolineare alcuni pregevoli autogol dei sostenitori. Si scherza, ma nemmeno troppo, perché certi eccessi riguardano minoranze che sanno diventare rumorose e fastidiose. Cominciamo da certi tifosi dell’Inter che per anni si sono accaniti contro Inzaghi per poi apprezzarne (in ritardo) le caratteristiche da condottiero. Con lo scudetto ogni dubbio si è volatilizzato però quante volte avrebbero “cacciato” un tecnico che nel suo piccolo ha portato in casa, oltre al titolo già citato, anche tre Supercoppe italiane, due coppe Italia e una finale Champions. Oggi tutti orgogliosi, i fan nerazzurri, ad apprezzare le doti di un allenatore poliedrico, preparato e tenace. Ovviamente dopo l’ inversione a “u” del tifo, la colpa si è riversata sulla stampa cattiva e sobillatrice. No, i tifosi non sbagliano mai, soprattutto quelli del Napoli che dopo le partenze di Mertens, Insigne, Koulibaly, Fabian Ruiz e Ospina avevano criticato, con lungimiranza, sia Spalletti che De Laurentiis (invitato a percorrere la A16 direzione Bari). Il tempismo eccezionale gli ha consegnato lo scudetto proprio alla fine di quella stagione cominciata con la contestazione sin dal ritiro estivo. Dai, come fai a prendertela con i tifosi. Loro sono istintivi, siete voi giornalisti a seminare polemiche, ad esempio su Conte. In realtà la tensione cova sotto la cenere. Il colpo messo a segno da De Laurentiis portando l’ex juventino alla sua corte ha certamente placato i moti di rivalsa dopo l’ultima stagione deludente, ma è solo una tregua in attesa che parlino i risultati. Per esempio, che il Napoli non debba lottare per lo scudetto fin dal prossimo campionato è durissima da digerire. Vedremo. Se a Napoli scorre l’adrenalina, a Milano, sponda rossonera, non regna affatto la serenità. Riuscirà Ibrahimovic a far dimenticare il passato da dirigente di Maldini? È questa la scommessa. Vorremmo però ricordare ai tanti che rimpiangono l’immenso (come giocatore) Paolo che una cosa è avere un grande passato da calciatore (che, sia Maldini e sia Ibra, hanno), altra è trasformarsi in manager rimanendo agli stessi livelli di popolarità. Maldini ha parlato moltissimo dopo l’uscita dal club rossonero. In tante interviste. Dispensando giudizi e raccontando aneddoti, ma non ha mai spiegato con chiarezza il motivo del suo divorzio dovuto a una suscettibilità di carattere che un dirigente non può permettersi se vuole portare avanti una missione strategica per tutti e non solo per se stesso. La speranza è che Ibra mostri quella duttilità e quel buonsenso assolutamente necessari per affrontare simili sfide. I tifosi sono pronti a schierarsi, è questione di tempo. In ultimo la Juve che fa risaltare, nel comportamento di alcuni suoi sostenitori, il paradosso dei paradossi. Ma davvero qualcuno può accomodarsi sulla sponda del fiume covando sentimenti di rivalsa pro Allegri in attesa di vedere che cosa saranno in grado di fare Giuntoli e Motta? Non scherziamo. Allegri è stato il disastro tecnico degli ultimi tre anni calcistici della Juve che ne è uscita senza gioco e con giocatori svalutati. La rivoluzione in atto era assolutamente necessaria anche per risanare uno spogliatoio che aveva assunto una mentalità impiegatizia e poco propensa al sacrificio. Anche in questo caso: fiduciosa attesa certamente, ma nessun rimpianto. Ai tifosi resterà, come sempre, l’ultima parola. Quelle di prima, tante, non contano mai nulla. Il tifo ha memoria debole riguardo a se stesso. Alla fine sarà sempre colpa di qualcun altro.
Paolo De Paola
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