Alvaro Morata era stato chiaro, nell’intervista a “El Larguero” di inizio giugno: “Immagino che quello che esce sulla stampa sia ciò di cui parlano i dirigenti, così lo dico chiaramente. Non ho parlato con nessuno, ma se vedo che l’Atletico vuole prendere 8 attaccanti ho l’impressione di non essere la priorità del club. Ho 31 anni, ne faccio 32 a ottobre, non posso rimanere a Madrid per non giocare”.
Parole da tenere ben presenti quando si va ad analizzare le ultime ore del capitano della Spagna a Madrid. Intanto, una premessa assolutamente burocratica: l’istituto giuridico della clausola risolutiva, da sempre tipico del mercato spagnolo, è un diritto che viene dato in mano al giocatore per liberarsi in maniera univoca. Sì, al giocatore: perché formalmente sono i giocatori a pagare la cifra in maniera immediata, ovviamente sotto rimborso del loro nuovo club. Da un punto di vista puramente legale insomma, il Milan nulla c’entra nella fine del rapporto Morata-Atletico. E che oggi qualcuno recrimini e rosichi per come sia andata nella seconda squadra di Madrid, fa abbastanza sorridere: sarebbe bastato forse comportarsi diversamente con Morata prima che diventasse un eroe nazionale. Perché dopo era davvero troppo facile per tutti.
Che ora quindi l’Atletico Madrid faccia il risentito, provando a mettere i bastoni tra le ruote alle trattative del Milan, è molto patetico. Quello stesso Atletico che ha perso a zero Hermoso e Depay, con l’olandese che sui social ha puntualizzato quanto fosse deluso umanamente dal finale della storia coi Colchoneros. Bene, i calciatori tra loro parlano, fanno caso anche a questi dettagli: forse prima di puntare il dito contro qualcun’altro, i biancorossi dovrebbero guardare in casa propria e farsi delle domande.
Il Milan comunque, va avanti. Pavlovic e Fofana: per entrambi, l’idea è di chiudere entro fine settimana, per poi formalizzare il tutto nei primi giorni della prossima settimana, quando inizierà il mese di agosto e anche a livello “burocratico” si risolve qualche discorso in maniera più semplice. Sempre con le solite regole di mercato: non esistono ossessioni, ma solo trattative. Quindi si chiude alle proprie condizioni, senza partecipare ad aste e tenendo ben presente che per ogni obiettivo, il Milan ha una short-list di alternative di pari livello. Questo vale anche per gli altri obiettivi: aspettando novità sulle uscite (Thiaw e Adli su tutti), il focus resta sempre sul centrocampista di qualità e sulla punta di riserva. Poi, partisse il tedesco (per cui il Milan vuole 40 milioni, di più e non di meno), anche sul terzino destro si lavorerà ulteriormente. Aspettando poi anche le risposte dell’unico sovrano delle operazioni: il campo, che dovrà rivelare a Fonseca dove questa squadra funziona e dove ha bisogno ancora di qualcosa.
A proposito di Fofana, un’altra riflessione. Un anno fa, il Monaco ringraziò Yusuf per essere rimasto, impegnandosi pubblicamente a rendersi disponibile nel farlo partire quest’anno, senza mettersi di traverso. Raccontare oggi di richieste da 35 milioni, significa quindi necessariamente: o dire il falso (?), o raccontare un clamoroso voltafaccia del club al giocatore, un aspetto da considerare visto che Fofana va a zero il prossimo 30 giugno e dal 1 febbraio può già firmare con un altro club.
Per entrambi i casi analizzati però, c’è un comun denominatore e una domanda che sorge spontanea. Cosa ci guadagna una determinata stampa italiana a provare a far sembrare sempre la dirigenza del Milan come una dirigenza di sprovveduti, o in questo caso di cattivoni spietati e scorretti (ma come, non erano i fessi del mercato)? Cui prodest, dicevano i latini? Forse fa comodo, con una dose massiccia di populismo, cavalcare il chiacchiericcio social per creare interazioni e dinamiche? O forse si cerca di mettere in cattiva luce il Milan perché non disponibile a spifferare strategie di mercato, a differenza di altri, cosa che causa diverse figuracce, con mille cambi di versione anche nel giro di pochi minuti, a chi twitta compulsivamente di mercato? Insomma, siamo alle solite. E l’invito per i tifosi che fremono è sempre lo stesso: valutare serenamente, valutare tutto a cose fatte. Distinguendo chi, come noi, su Sportitalia, racconta, dettaglia, a volte critica e perché no, pure sbaglia: ma sempre con l’unica intenzione di informare con sincerità chi ci segue.