Sinner, disastro totale: la prematura uscita di scena da Wimbledon è solo il prologo. Ecco cosa sta per accadere
Dopo una straordinaria prima parte di stagione, culminata nella conquista del primo posto nel ranking Atp, Jannik Sinner ha tirato i remi in barca. Sulla terra rossa del Roland Garros e sull’erba di Wimbledon il 22enne di San Candido ha visto la sua corsa fermarsi prima del tempo.
In particolare, nello Slam londinese Sinner è uscito di scena ai quarti di finale – per mano di quel Daniil Medvedev che aveva battuto nei 5 precedenti confronti tra cui la finale degli Australian Open – facendo peggio rispetto alla semifinale dello scorso anno che quindi rimane il suo migliore risultato all’All England Lawn Tennis and Croquet Club.
Per contro il suo principale antagonista, il quasi coetaneo (21 anni) Carlos Alcaraz, ha infilato la doppietta Roland Garros-Wimbledon. Insomma il suo trono di re del tennis vacilla pericolosamente, prologo di ciò che sta accadendo: un disastro annunciato.
Neanche la poderosa ascesa di Jannik Sinner ai vertici del tennis, rendendolo uno degli sportivi più popolari al mondo, è sufficiente alla Nike per salvarsi dal baratro. Il gigante dell’abbigliamento sportivo da 150 miliardi di dollari di fatturato, che ha griffato le scarpe di Michael Jordan, Roger Federer, LeBron James, Cristiano Ronaldo, è in profonda crisi.
Come reso noto dai suoi dirigenti lo scorso 27 giugno, le prospettive sono fosche: se il primo trimestre del 2025 andrà male, nel semestre la performance sarà peggiore. Immediate le ripercussioni a Wall Street dove il 28 giugno scorso le azioni della Nike sono crollate del 20% mandando in fumo 28 miliardi di capitalizzazione.
Mollata non solo dagli investitori ma anche dai suoi storici testimonial: dopo 28 anni di collaborazione e di leggendarie magliette rosse Tiger Woods ha posto fine alla partnership con la Nike, imitato da Harry Kane, che ha preferito Skechers, Jack Grealish, che si è accordato con Puma, Neymar, Thiago Alcantara, Sergio Ramos, Raheem Sterling ed Eden Hazard.
Per invertire il trend John Donahoe, Ceo di Nike dal 2020, ha puntato tutto sull’ “effetto amarcord” dando spazio ai vecchi modelli Air Jordan, Dunk, Air Force 1. Una mossa che ha funzionato in parte: la gamma Jordan nel 2023 ha registrato un fatturato di 6.6 miliardi di dollari, +29% rispetto all’anno precedente, ma il mercato si è saturato in fretta.
Altra decisione che pagato i dividendi solo a metà è stata quella di concentrare le vendite sul sito web e sull’app: a più alto rendimento in quanto dirette al consumatore ma i competitor ne hanno approfittato per prendersi la fetta di mercato delle grandi catene come Foot Locker. A fare le spese di tali scelte di corto respiro i 2000 dipendenti che hanno perso il lavoro nel 2020 a cui se ne sono aggiunti altri 700 lo scorso aprile.
Comunque, dopo aver vestito nove Nazionali a Euro 2024, la Nike confida nelle Olimpiadi di Parigi 2024: è sponsor del Comitato Olimpico e Paralimpico degli Stati Uniti per la cui campagna pubblicitaria ha investito più che per qualsiasi altro evento.
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