Perché sprecare parole quando parlano i fatti? Questa legge non scritta vale per Conte, vale per Bonucci e vale per Orsato. Conte perché è un allenatore subito amato da un ambiente che ha sprecato tonnellate di parole contro la madre calcistica che lo ha generato, la Juve. L’ipocrisia di cantargli in faccia “chi non salta juventino è” appare evidente. L’ex juventino è stato osannato ancor prima di varcare le porte di Palazzo Reale per l’acclamazione. Innumerevoli post, story, reel, ma anche articoli e libri a certificare un odio alimentato a tavolino per affermare un diverso modo di pensare, di essere, addirittura di esistere. Ora tutto va al macero. La bellezza del calcio è questa. Le parole stanno a zero. Anni di “odio” calcistico cancellati nel nome del campione della juventinità che ora appartiene ad altri. Tutto ciò è però il simbolo di una crescita mirabile. Inutile proporre paragoni con il passato. Ci sono stati i Sivori, gli Altafini, gli Zoff. Gli andirivieni sulla rotta Torino-Napoli non sono una novità. Ma in questi anni caldissimi, dopo le esagerazioni dell’epoca sarriana e dello scudetto del 2018 tutto era diventato esagerato, esasperato ed esplosivo. E poi? Poi è bastato Conte per trasformare la dinamite in un budino d’amore. Il suo arrivo celebrato addirittura come una vittoria contro le squadre del Nord “invidiose”. Inutili le smentite da Ibra a Giuntoli ma tutto fa brodo. Ora è solo zucchero per gli occhi. Conte stringe le mani ai giocatori dopo l’allenamento? Applausi. Conte risolve i casi Di Lorenzo e Kvara? Un dio. Tutto molto bello e apprezzabile, basta, però, rendersi conto dei paradossi e della tante, inutili, parole sprecate. Sulla scia di Conte ci piace anche accennate ad Orsato acclamato come uno dei migliori arbitri all’Europeo. Anche in questo caso il tempo galantuomo fa giustizia di ogni parola sprecata per prendersela con un arbitro che aveva persino ammesso i suoi errori. La statura di una persona di qualità, emerge sempre e in ogni campo contro qualsiasi maldicenza o teoria complottista. Rammentare per il futuro.
Ultimo esempio sulle parole sprecate è quello di Bonucci che con grande ritardo ricorda a tutti il suo rammarico per essere stato penalizzato da un allenatore, Allegri, al quale era stato dato troppo potere. Sinceramente non ci sovviene l’esempio di un giocatore che abbia avuto la delega di sostituire i giocatori in campo così come non ricordiamo nessuna azienda in cui una meritatissima decisione disciplinare possa determinare una ribellione collettiva. No, ci creda Bonucci, le sue parole sono ancora una volta sprecate. Risparmiarle le avrebbe garantito una miglior figura.
Paolo De Paola
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