Per Jannik Sinner c’è qualcosa che non va. È un incubo, non c’è altro modo di qualificarlo: il dato inizia a preoccupare
Il fisioterapista lo aveva avvisato. Gli aveva detto che in quelle condizioni sarebbe stato meglio non giocare. Ma il numero 1 del mondo non avrebbe mai deluso le aspettative dei tifosi, e neppure le sue. Caparbio e cocciuto Jannik Sinner è tornato in campo ugualmente, dopo il medical time out, a dispetto della notte in bianco, dei giramenti di testa e della spossatezza che sapeva bene non gli avrebbe permesso di giocare al suo solito livello.
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Va dato atto a Jannik Sinner, quindi, di avercela messa tutta. Di averci provato fino all’ultimo secondo, benché le condizioni fossero a lui avverse e nonostante fosse stato chiaro sin dall’inizio che qualcosa non andava. Che il gigante era ferito. Bianco come un cencio, in affanno e con un evidente calo di pressione in atto, l’altoatesino è andato avanti lo stesso, sganciando addirittura, di tanto in tanto, colpi imprendibili. Perché non si è in vetta al mondo per caso e perché i campioni giocano al top anche quando, come lui martedì a Londra, si sentono poco bene.
Non è bastato, ad ogni modo, contro un Daniil Medvedev in grande spolvero, che ha soffiato via all’azzurro la possibilità di accedere alle semifinali di Wimbledon e il sogno di vincere il secondo Slam. E che vincendo ha confermato, purtroppo, un trend che, a questo punto, è inutile negare.
Sinner, inutile negarlo: i numeri parlano chiaro
Scivolando sull’erba dell’All England Club, Jannik Sinner ha dimostrato ancora una volta di soffrire di una rara forma di “allergia”, chiamiamola così, al quinto set.

Per la settima volta negli ultimi nove Slam in cui il campione di Sesto Pusteria ha giocato, è uscito di scena perdendo, appunto, al quinto parziale. Un dato che parla chiaro e che sembra stridere, in qualche modo, con la sua resilienza, con la tenacia che da sempre lo hanno caratterizzato, ma tant’è.
L’epilogo di martedì è stato pressoché inevitabile. Tra il malessere e la stanchezza derivante da un match che si è protratto per oltre quattro ore, l’azzurro proprio non è riuscito a contenere l’attacco del russo. Resta l’amarezza, ma anche la consapevolezza che, nonostante tutto, abbia giocato un grande Wimbledon, a dispetto di un sorteggio poco benevolo e delle tante avversità riscontrate prima di approdare ai quarti di finale.