Siamo calcisticamente morti. E se ne sono accorti soltanto quelli, pochi, che hanno davvero a cuore le sorti del movimento nazionale. La conferenza stampa di Gravina, la più inutile di sempre, non ha fatto altro che confermare quanto sappiamo da anni: ci dispiace, scusate, siamo mortificati, mai pensavamo che saremmo arrivati a questo punto, bla-bla-bla. A un certo punto il presidente federale, dal mio punto di vista il peggiore degli ultimi decenni se non della storia, è riuscito a esibirsi in dribbling sulla domanda relativa a una possibile ricandidatura rispetto al mandato in scadenza il prossimo marzo. Non gli hanno chiesto “ti dimetti?”, ma “cosa pensi rispetto a chi chiede che ti dimetta?”, una cosa assolutamente opposta rispetto al sentimento popolare. Noi con le domande siamo come la squadra messa in campo da Luciano Spalletti: eternamente innocui. E dico “noi” per evitare che qualcuno si offenda, sono tutti giornalisti di primissimo livello, quando “noi” non dovrebbe essere. La complicità della connivenza mediatica oppure la connivenza mediatica della complicità ricorda parecchio la storia della coperta data ad allenatori “protetti” rispetto ad altri. Siamo italiani, viviamo di alibi, è sempre colpa degli altri, ma permettetemi una cosa: se dobbiamo organizzare una conferenza per dire nulla, meglio non farla; se Gravina non avverte la necessità di presentarsi per analizzare una cocente delusione, cinque minuti dopo come avevano fatto alcuni suoi predecessori, significa che stiamo parlando del nulla. Anche la spiegazione di Luciano Spalletti ha convinto pochissimo: si è preso le responsabilità, con un “ma” e un “se” di troppo, ha voluto salvare spezzoni di alcune partite quando da salvare c’è zero. Soltanto se avesse visto la Slovacchia contro l’Inghilterra, a prescindere dal risultato, dovrebbe memorizzare e capire come si fa. Spalletti ha dimostrato di essere un grande allenatore, sulla perizia da buon selezionatore concedetemi parecchi dubbi. Ha proposto un frullato indigeribile, con troppa gente fuori ruolo, con rimescolamenti insopportabili. Nessuno si offenda, ma io ho rivisto la Juve a lungo protagonista (?) nei tre anni di Allegri: inerme, disorganizzata, insopportabile. Certo, mancava il materiale giusto dicono gli “espertoni”. Con Xhaka e Frueler, che non sono certo Modric e Gundogan, la Svizzera ci ha dimostrato come si fa. Non ci hanno dato mezza riforma, parlano sempre del settore giovanile con troppi stranieri: giusto, ci sta. Ma se io faccio l’allenatore o il selezionatore e ho mezza idea con il materiale che ho, di sicuro non mi espongo alle figuracce come quelle in Germania. Posso vincere, pareggiare o perdere, ma non affondo per disorganizzazione ancor prima di scendere in campo. Il ritornello non cambia: siamo calcisticamente morti.
Per fortuna mi occupo soprattutto di calciomercato e preferisco così. Le danze sono ufficialmente partite qualche giorno fa, ma sono già accadute tante cose (alcune ufficiali, altre ben impostate). La Juve è il club che sta facendo fuoco e fiamme, partendo dal reparto che aveva bisogno di un restyling assoluto (il centrocampo). Dopo Douglas Luiz tocca a Khephren Thuram, quindi Giuntoli si dedicherà a Koopmeiners, tutte trame svelate in tempi non sospetti. L’Inter vuole fare Gudmundsson alle sue condizioni e senza fretta. Il Napoli non può negare Buongiorno a Conte, in attesa degli sviluppi su Lukaku. Il Milan ha perso un mare di tempo per Zirkzee, avrebbe dovuto conoscere prime la storia delle commissioni. Passare da Zirkzee a Lukaku significa non avere le idee chiare su quanto occorra fare, visto che sono caratteristiche agli antipodi. Intanto, Emerson Royal e Fofana sono sempre più nel mirino. Interessanti Noslin e Dele-Bashiru per la Lazio, al netto dei continui mal di pancia di una tifoseria che ha rotto per sempre con Lotito. Se fosse perfezionato l’assalto a Greenwood, sarebbe un colpo da urlo. La Roma viaggia su profili francesi oppure protagonisti in Ligue1, elementare conseguenza dall’avvento di Ghisolfi. Una domanda: Kean da Palladino? Ci sono le condizioni perché possa fare molto bene. Questo e tanto altro, ma con un grande rammarico: la Cremonese che spende e spande senza le soddisfazioni dovute per investimenti del genere, decide di lasciare andare Della Rovere, il 2007 più competitivo del nostro calcio. La filosofia è quella di dare ingaggi mega e trentenni o ultratrentenni in Serie B: al nostro calcio spesso mancano i dirigenti, i direttori, tutto. E meritiamo di tornarcene a casa da qualsiasi manifestazione quando servirebbe un po’ di sale in zucca (che non abbiamo). Mettiamocelo bene in testa e alla prossima conferenza di Gravina – vi raccomando – tutti muti.
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