Valentino Rossi e il mondo del motociclismo piangono la scomparsa di un personaggio amatissimo: nessuno lo dimenticherà
Molti piloti italiani non avrebbero raggiunto i traguardi che hanno tagliato, se non ci fosse stato lui. A partire da Valentino Rossi, che gli deve sicuramente tanto. La sua esperienza, unita al tatto con cui si relazionava con le giovani leve e agli insegnamenti che ha lasciato loro, ha fatto la differenza. Ha lasciato un segno indelebile nel cuore di tutti ed è per questo motivo che il mondo del motociclismo, oggi, piange la sua scomparsa.
Si è spento nelle scorse ore, all’età di 86 anni, il leggendario Guido Mancini. Che, per chi non lo sapesse, è un uomo che ha immolato la sua vita alle moto. È stato un capo tecnico apprezzatissimo e di grande talento, che sapeva bene cosa fare e come intervenire affinché i motori dei suoi piloti ruggissero e dessero il massimo in pista. Mago Mancini, così come qualcuno lo chiamava e così come si intitola il docufilm sulla sua vita uscito nel 2016, è stato preziosissimo, insomma, per tanti.
Rossi lo ricorda perché è stato il suo primo meccanico, ma non solo: “Era un capo tecnico vecchio stile, con tanta esperienza, abituato a far crescere i piloti giovani. Mi ha spiegato un sacco di cose e come usare il due tempi per far rendere la moto al massimo”, aveva detto di lui, di recente, il Dottore, raccontando quale importante contributo avesse dato alla sua carriera.
Valentino Rossi, un addio che fa male: se n’è andato Mancini
Sono tanti, ad ogni modo, al di là di Valentino, i ragazzini che hanno avuto la fortuna di rapportarsi con Guido Mancini. Molti di loro erano ancora acerbi e non sapevano certo quali cose pazzesche avrebbero fatto in futuro, come ad esempio Andrea Dovizioso, Romano Fenati e Franco Morbidelli.
E poi c’è Loris Capirossi, al cui fianco c’era proprio Mago Mancini nel momento in cui, finalmente, riuscì ad approdare ai massimi livelli. Nei box lo chiamavano Guiden e non si è limitato, in definitiva, a “curare” le moto dei campioni del passato e del presente. Ci metteva il cuore, ci metteva tanta passione. Aveva iniziato a lavorare come tecnico negli anni Sessanta, appena raggiunta la maggiore età, al reparto corse della Benelli.
Poi era passato alla MotoBi e, tra una riparazione e l’altra, aveva costruito il prototipo della Sandroni 125, in sella alla quale Rossi debuttò nel GP del 1994. E poi, dettaglio non trascurabile, anche lui correva. Aveva disputato 10 gare nel Motomondiale, a cavallo tra il 1973 e il 1980, e vinto svariate competizioni. A riprova del fatto che sotto la sua anima da tecnico batteva un cuore da pilota.