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Calcio

ESCLUSIVA SI Copa America, Gir. B: l’Ecuador presentato da Carlos Tenorio (Pres. Ass. Calciatori)

Ora tocca all’Ecuador, una delle squadre più attese di questa edizione della Copa America ed una delle squadre che arriva all’appuntamento negli States con la voglia di stupire il mondo. Il talento non manca, va capito come tutti questi giocatori in rampa di lancio sapranno gestire la pressione di dover fare bene in una manifestazione dove l’Ecuador non è mai riuscita a brillare fino in fondo.

In esclusiva per SPORTITALIA è intervenuto l’ex giocatore della Nazionale Tricolor, Carlos Tenorio, per parlarci della squadra di Felix Sanchez. Tenorio è stato uno degli attaccanti più amati della storia di questa squadra, ha giocato due Mondiali (nel 2002 affrontò l’Italia nel giorno del suo esordio) ed oggi è il Presidente dell’Associazione dei calciatori ecuadoriani, sia a livello maschile che femminile.

Che sensazioni hai per questa Copa? Cosa può fare l’Ecuador?

“Le sensazioni sono sempre le più alte, come ecuadoriano spero sempre che questa squadra ci possa rallegrare, però, non dobbiamo dimenticarci che nel calcio nulla è scontato. Certo, va anche detto che questa squadra è una di quelle con più aspettative della nostra storia. Non abbiamo mai fatto una grande campagna fino in fondo in Copa America, ma oggi abbiamo una squadra strutturata bene ed una crescita di tutto il movimento, quindi speriamo per il meglio”.

Il miglior risultato nella storia è stata una semifinale. Può tornarci?

“Non possiamo sapere fino a che punto possa essere protagonista in Copa America. Io dico sempre che non basta avere una buona rosa a livello di nomi, ma che poi bisogna capire com’è il progetto di chi li gestisce. Che deve essere a medio-lungo termine. Se si parte da questo, poi l’aspetto umano ripaga sicuramente. Guardate ciò che hanno fatto squadre o istituzioni come l’Independiente del Valle o la Liga de Quito. Club che hanno grandi progetti su giocatori che finiscono in Europa. Questa è una parte del lavoro, l’altra è progettare il modo di arrivare fino in fondo in Copa America. Per fare questo serve che la Federazione abbia idee chiare su come raggiungerlo. Perché il talento non manca”.

Il collettivo sarà importante, questa squadra come dicevi tu però ha molti talenti individuali. Che ne pensi di Caicedo, del suo impatto al Chelsea e della sua crescita?

“Nell’ambito individuale, per la crescita di ognuno di questi giocatori, è interessante vedere i loro percorsi in Paesi così diversi fra loro. Riguardo a Moises, noi tutti vorremmo vederlo in Nazionale allo stesso alto livello che ha raggiunto al Chelsea. Non sarà facile perché in quel caso si allena tutti i giorni con gli stessi compagni, invece nel contesto della Nazionale si tratta di giocatori che magari lavorano insieme per poche settimane. Fondamentale sarà anche che per l’Ecuador abbia lo stesso ruolo che ricopre a livello di club. Lo stesso vale per Hincapie e gli altri, e peccato non ci sia Estupinan. Riguardo Caicedo, penso sia un giocatore con carattere e personalità, ma non gioca da solo. Certo che in ambito di individualità la Seleccion abbia tanti giocatori validi. Con squadre come Colombia, che ha vissuto le sue tappe di rinnovamento, altre come Brasile e Argentina che non perdonano. Sarà una Copa America sarà molto interessante, ma piena di pressioni per queste squadre, Ecuador compresa”.

Quali sono le migliori qualità di questa squadra?

“Normalmente nel calcio noi cerchiamo di capire dall’allenatore che indicazioni lascia su cosa cerchi, su come funzionerà la squadra a livello tattico e tecnico. La realtà però è che la differenza la fanno poi i giocatori. Il Profe Felix farà la sua parte, ma va capito soprattutto come reagiranno tutti questi giocatori, a livello della gestione della pressione e di come coglieranno questa occasione. Se chiedi a me penso che questa squadra abbia il meglio. Sulla carta ha talento, potenza, garra. Questo non basta però, perché affronteremo squadre che giocano un bel calcio e che si conoscono. Lo staff dovrà coordinare tutto questo. Felix dovrà consolidare tutto questo e se lo farà sarà difficile per tutti affrontare l’Ecuador”.

Che ne pensi di Kendry Paez?

“Chi capisce di calcio sa che una cosa sono i social ed i media, un altro è la realtà ed il campo. Tutti sappiamo che Kendry Paez ha talento. Ora questo talento va coltivato per fare 15-20 anni di carriera, perché di talenti come lui ce ne sono nel mondo. Per farlo, ha bisogno dell’appoggio di tutti, dai dirigenti alla famiglia. Può fare sicuramente la differenza nella Copa America. Serve che i giocatori più esperti gli siano vicini e lo consiglino bene per indicargli la strada per rendere. La pressione mediatica può confondere, ma è un crack. Lo stesso discorso vale per i tanti altri talenti della squadra”.

Piero Hincapié: quanto è cresciuto con Xabi Alonso? Oggi costa molto, ma lo vedresti bene in Italia?

“L’Ecuador come dicevo ha davvero molto talento individuale e molte varianti. Piero si è affermato e dopo aver mostrato quello che ha mostrato nel club, ora può farlo anche con la Seleccion. E’ uno dei pilastri, non solo per il presente, ma anche per il futuro. Avere un allenatore come Xabi Alonso poi ti permette di essere 10 passi avanti agli altri. In competizioni come la Copa America poi c’è il tema della pressione da gestire, perché è molto sentita tutti i giocatori devono farci i conti”.

Già lo sai che te lo avrei chiesto. Sei stato un attaccante storico per la Tricolor, hai giocato due Mondiali. In uno di essi beh, ricordiamo la partita contro l’Italia, con la doppietta di Vieri. Che ricordo hai di quel match?

“Giocare per la propria Seleccion un Mondiale è il massimo, per questo si chiama così, “Mondiale”. Poi un conto è essere chiamati, un altro è giocare anche. In quella partita contro l’Italia, vedevo entrare gente come Cannavaro. Poi l’allenatore si gira e mi dice “tocca a te”. Ricordo tutto, perché entrai con tanta fame, anche se entrai che eravamo già 2 a 0. Fu il mio debutto e mi permise di proseguire per la mia carriera, perché giocare in un Mondiale ti pone gli occhi di tutti addosso. Poi ho affrontato gente come Cannavaro, per poi vederlo alzare il Pallone d’Oro qualche anno dopo. Non lo dimenticherò mai”.

Daniele Najjar

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