Contro la Croazia: le scelte e l’errore che l’Italia non deve ripetere. E l’arma segreta croata…

Ci possiamo alambiccare su mille motivi e punti di vista sul tracollo contro la Spagna, ma di fondo c’è una motivazione che si porta via tutto: aver affrontato la Spagna con l’illusione di essere alla loro altezza, di giocare nella stessa maniera, di ignorare quanto fosse differente affrontare l’Albania e la Spagna, e dunque di non prendere nemmeno un accorgimento né tattico né tecnico da una partita all’altra.

Direte: troppo facile dirlo dopo. Personalmente nel pre ho accennato che quantomeno fosse una chiamata rischiosa da parte di Spalletti andare dritto in questa maniera, perché noi il giro palla flipper del centrocampo spagnolo e le frecce esterne loro non le avevamo. E quindi l’iceberg certo che si poteva scorgere.

Ci voleva una partita di sangue, sudore e lacrime, soffrendo e pressando per tutto il campo, aiutandosi in raddoppio anziché inseguire il pallone come abbiamo fatto. Bisognava avere l’umiltà e il sacrificio di essere consapevoli della nostra inferiorità per tenere botta a testa bassa.

E invece abbiamo solo tenuto negli ultimi 16 metri, ma facendoci portare a spasso.

E contro la Croazia servirà ugualmente sacrificio e umiltà. La partita sarà un po’ differente dal punto di vista tecnico: perché la Croazia non la fa girare così veloce, e non ha le frecce esterne, ed è più posizionale che mobile. E però il pallone lo terrà soltanto la Croazia, e lo addomesticherà sorniona in attesa dell’occasione per avvelenarci. Dovremo essere furiosi e implacabili nel recupero, senza accettare il loro gioco, spazientendoli nello sporcare le loro linee.

Anche perché la Croazia ha un’arma segreta: l’orgoglio dei campioni al ballo finale. E’ the last dance per la loro generazione d’oro, forse l’ultima partita in un torneo addirittura, e avranno passato 4 giorni a ripetersi: “non possiamo finire così, uscire perché l’Albania ci ha segnato al 95’. Se moriremo, moriremo in piedi”. E a farlo peraltro è un gruppo con un orgoglio straordinario come quello croato, e ultimo ma non ultimo, una nazionale che non abbiamo mai battuto nella sua versione post-discioglimento della Jugoslavia, e sì che ci abbiamo giocato 8 volte contro in 20 anni. Per capirci: delle grandi nazionali con cui abbiamo almeno 3 precedenti, le uniche con cui abbiamo un computo negativo sono Brasile, Spagna, Uruguay e Croazia…

Non sembra orientato a considerare cambi tattici Spalletti per proteggere la difesa, nonostante ricordiamo che abbiamo 2 risultati su 3 a disposizione (ma non dobbiamo pensarci troppo, ché non siamo capaci a fare calcoli). Cambi tattici non considerati quasi più per orgoglio, però Spalletti deve ricordare anche il suo aspetto pragmatico e che le idee devono essere al servizio della causa della Nazionale, e non il contrario.

I cambi tecnici dovrebbero prevedere Darmian per Di Lorenzo, forse Cristante per Jorginho (o Fagioli, in una versione più rischiosa), forse Retegui per Scamacca (anche qui con una percentuale di rischio).

Ma di fondo rimarrà la consapevolezza: se non capiamo che entreremo in un’arena dove serve ferocia, ci renderemo da soli vittime sacrificali.

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