E venne il giorno di Red Bird Capitals. Perché non è il giorno di Ibra, come se Ibra fosse ancora il vecchio amico lasciato un anno fa. Oggi, Zlatan Ibrahimovic è la proprietà, è il perfetto simulacro di Gerry Cardinale proiettato a Milanello per chiarire tutto ciò che i Milanisti si stanno chiedendo da settimane. In primis, dove sta andando e dove vuole andare questa proprietà, che è l’unica cosa che conta. Occhio a non fare l’errore populista del mischiare ruoli, figure e competenze: a Milanello non parla la dirigenza del Milan, ma il volto della proprietà. Inutile chiedere se arriverà o meno Zirkzee piuttosto che un altro: la partita si gioca su un piano più elevato. Quello della Comunicazione. Perché se finora l’accusa, a volte velata, altre meno, è stata “dov’è Cardinale? Dov’è Ibrahimovic?”, dal 13 giugno la risposta sarà “Qui”. E vedremo se e cosa cambierà.
La seconda C di questo giugno è “Capire”: un’attività da svolgere a 360 gradi per ogni componente del Milanismo autentico. Iniziando dalla dirigenza. Che dovrà capire innanzitutto le necessita tecnico-tattiche di questa squadra. Ma anche come soddisfarle, senza tradire i propri principi. Un concetto importante anche per i tifosi. Perché a volte, la valutazione su questo o quel giocatore, è una battaglia più delicata di un semplice voler risparmiare 5 milioni in più o in meno, compresa una questione morale sulle commissioni e una questione di “spogliatoio”.
In tal senso, la terza C è quella più attesa: comprare. Con il bilancio in attivo al 30 giugno sarà pressoché obbligatorio farlo immediatamente, per evitare di regalare all’erario una % importante sugli utili. Per quanto riguarda la punta, per Zirkzee non è cambiato nulla: non era già milanista una settimana fa, non è andato via oggi. E nella partita a poker con Kia, tutto fa parte del gioco delle parti. Compresa una riflessione a cui ognuno può dare la sua risposta: Zirkzee è veramente il giocatore giusto nell’ attacco con Pulisic e Leao? E lo è al punto tale da investirci 55 milioni (anzi, 40+15)? Si può rispondere sì, ma con razionalità, senza farsi aizzare dalla moda o dall’impazienza. E senza accusare chi ne ha quantomeno dei dubbi – suffragati dai numeri e dalle caratteristiche – di essere a tutti i costi aziendalista per partito preso.
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