Arriveranno presto, molto presto, i giorni delle firme e degli annunci. Di Thiago Motta alla Juve non parliamo più, siamo sazi. Anzi, prendiamo le distanze da chi sostiene ancora (29 maggio) “salvo clamorose sorprese sarà lui”. Sì, certo, cambieranno idea nelle prossime 48 ore… Toccherà a Milan e Napoli: Paulo Fonseca in rossonero e Antonio Conte all’ombra del Maschio Angioino. Già detto così, fa rumore e sensazione. Con tutto il rispetto per Fonseca, stiamo parlando di un allenatore che ha fatto molto bene in Francia sbaragliando la concorrenza. Ma un conto è brillare in Ligue1, a maggior ragione in un club come il Lille che non ti chiede di vincere a ogni costo, un altro paio di maniche è tornare in Italia insediandosi a Casa Milan dove ti dicono che il secondo posto – parliamoci chiaro – sarebbe la vittoria dei perdenti. Certo, i rossoneri hanno una base e bisognerebbe migliorarla con tre innesti almeno tra difesa, centrocampo e attacco. Ma siamo sinceri quando diciamo che i primi nomi ci convincono poco, ci sarà tempo e modo per tornare sull’argomento.
Conte a Napoli è l’esatto contrario: una scintilla che si accende, una tifoseria intera che respira dopo una stagione maledettamente negativa, esattamente ciò che occorre per la rifondazione e per ritrovare il sorriso. Certo, prendere Conte costa un occhio della testa e non andremo troppo lontano – con i bonus – dai 10 milioni a stagione per un contratto triennale. Nessuno capirà mai, compresi i depositari della verità e i frequentatori delle segrete stanze, per quale motivo il Milan abbia deciso di non approfondire con don Antonio. Vi diranno che è stata una questione di ingaggio, ma qui il tifoso medio potrebbe irrigidirsi ancor di più. Pioli merita l’onore delle armi, il saluto di San Siro rossonero è stato da brividi, ma sinceramente non si capisce quale sia il vero salto passando da Pioli a Fonseca. Invece, anche un bimbo di 5 anni ha intuito quale sia la differenza tra tantissimi allenatori e Conte: un salto esponenziale, come ripartire dalle fondamenta per ricostruire un palazzo crollato. Lukaku, Chiesa, Buongiorno, la grana Di Lorenzo che vuole andar via (occhio alla Juve), eventuali e varie: una cosa per volta, adesso conta solo l’insediamento in pompa magna di Antonio da Lecce.
L’Atalanta e Gian Piero Gasperini hanno giocato e scherzato, in molti ci sono cascati. Un depistaggio clamoroso, l’importante era restare in piedi senza abboccare alle finte. Bisognava partire da un presupposto: c’è ancora un anno di contratto, quindi la famiglia Percassi avrebbe sempre avuto le carte in mano ben oltre le parole di circostanza. E dopo le parole di circostanza e il “giochino a tre” (lui, lei e l’altra) Gasperini ha memorizzato due-tre cose che proviamo a sintetizzare: a) andare da De Laurentiis a Napoli sarebbe stato un rischio enorme; b) lasciare l’Atalanta un azzardo; c) non giocare le coppe che saranno a Bergamo che lo adora un sacrificio troppo grande. Tre passaggi essenziali, decisivi, che bisognava non dimenticare perché altrimenti il rischio sarebbe stato quello di imbarcare acqua. Gasperini avrà da Percassi tutto ciò che chiederà: un contratto ricco, almeno 5 milioni più bonus, un mercato importante e la promessa che i pezzi da novanta dell’organico resteranno quasi tutti. Andiamo nel dettaglio: Koopmeiners può essere l’unico sacrificato o sacrificabile, a patto che vengano rispettate le condizioni dell’Atalanta (60 milioni di valutazione) con la possibilità di inserire nell’affare Hujisen oppure Soulé, l’argentino al Gasp piace molto, per abbassare il cash. Ma sugli altri c’è il desiderio e quasi la necessità di resistere, da Ederson (un fenomeno) a Lookman (una fantastica scheggia), senza trascurare Scamacca che da quando ha deciso di ripartire dall’Atalanta ha ritrovato la felicità smarrita. Nessuno fa proclami, non ci sono dichiarazioni ufficiali, ma l’idea è quella di alzare sempre più l’asticella: magari finendo tra le prime tre in modo stabile, senza disdegnare la possibilità di lottare un giorno per quel famosissimo triangolino tricolore. Ci saranno investimenti mirati, importanti, con Gasperini al comando della corsa: lui è il Governatore di Bergamo, meglio ancora “Sir Gian Piero”.
Soltanto un telegramma su Luis Alberto. Lascerà la Lazio e lo sanno anche i muri. Il club aspetta che l’Al-Duhail porti una proposta di almeno 12 milioni più bonus per dare il via libera. Forse, senza forse, Tudor avrebbe potuto e dovuto concedergli almeno un quarto d’ora contro il Sassuolo piuttosto che parcheggiarlo in panchina come se fosse una punizione. Luis Alberto ha dato tanto alla Lazio quando ne ha avuto voglia, lampi di classe indiscutibili. Ma ha cancellato tutto con le sue bizze, con gli atteggiamenti, con i mal di pancia senza senso, con i raduni disertati e potremmo andare avanti per altre dieci ore. Il Mago dal punto di vista tecnico, non si discute. Ma non basta quello quando non dai l’esempio al gruppo e ai ragazzini che ti guardano. Il rimpianto potrà essere soltanto di chi si accontenta di qualche giocata sopraffina dentro il rettangolo di gioco. Ma è giusto fermarsi qui, queste cose non bastano per il manifesto del calciatore
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