Nell’epica degli Spaghetti Western la contrapposizione degli stili e l’antitetico confronto tra personalità differenti è uno degli elementi centrali della narrazione. I limpidi occhi azzurri e lo sguardo truce e famelico. La pistola e il fucile. L’indulgenza e la violenza. L’Olimpico non è il far west, Juve e Atalanta non rimangono a cavallo tra la vita e la morte. Eppure, nel remake della finale 3 anni fa, gli elementi in comune con l’epica alla Sergio Leone non sono pochi, ben rappresentati soprattutto da due degli esempi più polarizzanti nell’eterno e stucchevole dibattito tra “giochisti” e “risultatisti”. Massimiliano Allegri e Gian Piero Gasperini sono due anime trasversalmente differenti, pressoché sotto ogni aspetto. Antitetici e contrapposti dal punto di vista comunicativo, caratteriale e a livello di gestione del talento e dello spogliatoio, oltre che – in maniera evidente – sul piano tattico.
All’Olimpico sono ancora una volta l’uno di fronte all’altro, in una allegorica rappresentazione del bene e del male, della giustizia e della prevaricazione. Seppur senza saper distinguere a chi dei due appartiene cosa. Ecco che la finale di Coppa Italia suona quasi come una resa dei conti, un duello da poncho e cinturoni. Allegri arriva alla fine di un ciclo bis tragico sul piano sportivo, al culmine del quale la Coppa rappresenta l’unica e ultima possibilità di redenzione. Con poche energie e tante preghiere per rivedere sul campo una Juve vincente come è stata in passato. Gasperini ci arriva col sorriso e la consapevolezza di aver scritto l’ennesimo capitolo di una storia meravigliosa. Con la voglia, soprattutto, di continuare a battere i tasti sulla tastiera, in un finale di stagione che può ancora entrare nella leggenda.
L’epica dell’Olimpico sta tutta qua, in una sceneggiatura interpretata dal miglior cast possibile per i ruoli designati. Il finale è un’incognita, l’epilogo nella contrapposizione di stili dei due protagonisti è questione di ore, senza pistole ma sempre guardandosi dritti negli occhi.