Tennis, mai visto un risarcimento del genere. Sentenza shock: per lui non c’è stato niente da fare, verdetto impietoso
Nel marzo 2022, la tennista Kylie McKenzie aveva lanciato delle accuse piuttosto gravi nei confronti di un allenatore. Il suo nome era Anibal Aranda, ha lavorato come dipendente all’USTA, l’organo di governo nazionale dello sport, per 7 anni circa, fino a che non è stato licenziato per i fatti a lui imputati. L’uomo si sarebbe infatti macchiato, a sentire la ragazza, di aggressioni sessuali nei suoi confronti. Le sue dichiarazioni, come facilmente intuibile, avevano sollevato un polverone senza precedenti.
A farsi carico del caso, che ha finito con il coinvolgere anche la US Tennis Association, è stato un tribunale federale della Florida. Il verdetto è stato impietoso. La giuria si è detta d’accordo, tanto per cominciare, con la McKenzie, che accusava l’associazione di non averla protetta dall’allenatore nonostante fosse chiaro, così sostiene, che abusasse sessualmente di lei sin da quando era poco più che un’adolescente. All’atleta sono stati corrisposti, inoltre, 9 milioni di dollari a titolo di risarcimento danni. Giustizia, insomma, è stata fatta, nel giro di soli due anni.
Per la tennista, che oggi ha 25 anni e che nel 2016 aveva conquistato la posizione numero 33 nel circuito, è la fine di un incubo. “Non potrei essere più felice del risultato. Mi sento confortata”, ha ammesso in una dichiarazione inviata via email, lo scorso martedì, da uno dei suoi avvocati, Amy Judkins. “È stato molto difficile – ha aggiunto la giovane campionessa – ma ora sento che ne è valsa la pena. Spero di poter essere un esempio per le altre ragazze affinché possano parlare anche quando è difficile”.
I fatti erano oggettivi e la giuria della Corte distrettuale degli Stati Uniti non ha potuto fare altro che darle ragione. Ha ritenuto scandaloso, soprattutto, il fatto che l’USTA continuasse a mantenere Aranda nel proprio organico e a lasciare che lavorasse come allenatore con le altre ragazze, nonostante i sospetti.
Proprio per questo motivo, il risarcimento è stato “doppio”. Ai 3 milioni che inizialmente si era pensato di destinare alla ragazza, ne sono stati aggiunti altri 6, per i danni punitivi. “Siamo molto soddisfatti della decisione della giuria di premiare la signora McKenzie per il suo dolore e la sua sofferenza – hanno commentato gli avvocati della tennista – ma soprattutto crediamo che la decisione della giuria di riconoscere i danni punitivi invii il messaggio corretto a tutte le organizzazioni sportive, che devono adottare le misure necessarie per proteggere gli atleti sotto il loro stendardo”.
L’USTA, così fare, ricorrerà in appello, sebbene abbia in parte ammesso l’errore: “Siamo solidali con la querelante e con ciò che ha sopportato. Non abbiamo – e non abbiamo mai – contestato le sue accuse contro un allenatore”, è stato detto, salvo poi precisare di non essere al corrente dei fatti e di aver sollevato Aranda dall’incarico non appena si è scoperto di quale reato si fosse macchiato.
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