La stagione è finita, andiamo in pace. Complimenti all’Inter che ha meritato lo Scudetto e alla Roma che ha meritato di andare avanti in Europa League. Ma piangere sul latte versato o rimuginare sulla situazione di oggi non serve a nulla: il Milan deve guardare al domani. Perché uno scudetto svanisce in fretta quando lo vinci tu, vedi delusione dello scorso anno, ma fortunatamente anche quando lo vincono gli altri: dal 1 luglio si riparte tutti a zero. Sì, ma da dove? Avremo ancora qualche settimana per salutare e ringraziare mister Pioli, che rimarrà l’uomo dello scudetto 19, ma purtroppo anche quello dei 6 derby persi di fila. Di Pioli ci rimarrà l’umanità, ma anche la sensazione di aver perso la squadra già da tempo e non essere riuscito mai a ritrovarla mentalmente. Perché al di là delle questioni tattiche, su cui ci sarebbe da aprire una bella parentesi, ormai però inutile, ciò che resta abbastanza evidente è che questo Milan sbagli tutte le partite importanti sul piano delle motivazioni, del carattere, della grinta e dell’attenzione. Da grande appassionato di estetica calcistica, ritengo che giocare bene sia il miglior modo possibile per vincere. Eppure il preoccupante vortice in cui è finito questo gruppo, e di conseguenza tutto l’ambiente, negli ultimi 24 mesi, mi costringe a fare delle riflessioni diverse. E allora più che santoni del calcio spettacolo, più che agitare la bandiera dell’ “allenatore giovane”, il nuovo Milan deve partire da qualcosa di molto più solido: questa proprietà è chiamata alla prima vera scelta importante e non può sbagliarla per nessun motivo al mondo. Le parole di Furlani e Cardinale continuano a essere in linea con le aspettative: si parla di vincere, di grande squadra. Bene. Ora però è arrivato il momento di passare dalle parole ai fatti, dalle chiacchiere alle decisioni forti. Anche solo leggere il nome di un Lopetegui accostato al Milan è un’offesa alla storia di un club che ha vinto 7 Coppe dei Campioni, nonché una presa in giro a un popolo intero. E lo stesso si può dire di un’altra mezza dozzina di possibili candidati della stampa. Restano 4/5 nella terra di mezzo, quelli capaci, promettenti, ma su cui dubitare è lecito: da De Zerbi a Rose, passando per Amorim, Motta e Hoeness, ognuno avrebbe un senso, ma non sarebbe comunque in linea con quell’ossessione ostentata nei confronti della vittoria da Gerry Cardinale, nonché da Ibra in tutta la sua vita.
Se vuoi vincere, caro Gerry Cardinale, c’è solo una persona che fa per te. Quella persona che da solo, dall’annuncio manderebbe in totale allarme anche chi ha appena vinto lo scudetto. Quella persona che al prossimo derby darebbe la vita, pur di non perderlo. Quella persona che ha una voglia pazza di tornare in pista su livelli alti con una nuova sfida.
Se il Milan è veramente una squadra che vuole tornare grande, caro Giorgio Furlani, basta annunciare il 1 giugno, il giorno dopo l’amichevole di Perth, quelle 12 lettere.
Non è mai stato simpatico ai tifosi del Milan. La sua proposta calcistica non è in linea con gli standard della storia rossonera. Ma se nonostante tutto ciò, la stragrande maggioranza del popolo dei Milanisti lo invoca a gran voce, significa che è ben chiaro a tutti quanto il suo arrivo sovvertirebbe i pronostici. Quanto una figura come la sua, cambierebbe il modo di percepire il Milan anche tra i media, nella politica calcistica e tra gli avversari.
Quanto i suoi metodi di lavoro ci darebbero finalmente una risposta sulle decine di giocatori che oggi sembrano senza carattere e che si nascondo dietro l’alibi.
Non c’è nessuno come lui, che è libero e verrebbe di corsa. E una proprietà con ambizioni di livello, non ha alcuna alternativa.
Senza di te non andremo lontano… mai coro fu più giusto. E allora alzare il telefono: non c’è più un minuto – e un derby – da perdere.
Chiusura sul Capitano 24/25: qualsiasi scelta venga fatta sul mercato, il Milan deve ripartire da Theo Hernandez. Non c’è cifra che deve poter far traballare la dirigenza, perché il cuore di Theo è qualcosa che non si compra da nessun’altra parte.