Un posto di prestigio nel palcoscenico dell’Olimpico per l’ultimo atto è assicurato, ma la Juve continua a non convincere, anzi, e questo alla lunga non può bastare. Contano i risultati, è vero. E sarebbe ingeneroso soffermarsi solamente su ciò che non funziona alla luce di una finale appena conquistata. Se però ogni volta che si parla di un successo bianconero diventa automatico e inevitabile concludere il periodo con un’avversativa, evidentemente, c’è qualcosa non va. E non è per semplice piacere della critica, per puro spirito polemico perché mancano gli argomenti di cui parlare. È piuttosto la necessità di sottolineare che non si è mai realmente percepita una crescita in questi anni, collettiva e sul piano individuale. Così come sul piano del rendimento e, in realtà, pure su quello dei risultati, perché – dati alla mano – l’Allegri-bis non ha portato neanche un trofeo a Torino.
È una Juve che ormai vive di reazione. Quando le cose si mettono male, si rialza. Quando arriva il momento di produrre uno sforzo, è ancora capace di farlo. Ma questo per la Juve non può bastare all’infinito. Il campo ha raccontato di una Juve tenace e determinata, che a 7’ dalla fine ha trovato il pass per la finale grazie all’uomo di coppa Milik capocannoniere della competizione con 4 gol all’attivo. Con un esito che fa rima con sollievo in una stagione – l’ennesima – amara e finora priva di successi. La finale del 15 maggio racchiude l’unica speranza di chiudere con un sorriso quest’altra zoppicante annata e contestualmente. Chissà, magari anche la seconda avventura di Allegri in panchina a Torino.
Dopo la prova sicuramente non brillante dell’Olimpico, all’orizzonte arriva il Milan allo Stadium per provare a rosicchiare punti e irrobustire la speranza di poter chiudere al secondo posto. Puro orgoglio e nulla più, per dimostrare un’altra reazione dopo un 2024 finora opaco e sicuramente non da Juventus. In attesa di voltare pagina, perché vittoria in Coppa Italia o meno, non può che essere inevitabile.