Daniele De Rossi viene celebrato da chi lo aspettava al varco per fargli il funerale. Non fidatevi delle apparenze, di chi gli dedica editoriali, di chi apre i rubinetti. È gente che indossa il lutto calcistico dopo la fine del rapporto con José Mourinho e che non vedeva l’ora di “giustiziare” il suo successore. Le gufate non sono servite. De Rossi ha vinto il primo derby da allenatore e ha speso parole bellissime per papà Alberto. Basterebbe questo per dargli la statuetta degli ultimi mesi, con tanti saluti a chi vive di nostalgia. Fateci caso: la Roma pensa al campo e non all’extracampo, senza isterismi e collezioni di cartellini rossi come accadeva in passato. Noi siamo per il rinnovo al buio (o in bianco, è la stessa cosa) da almeno un mese, a prescindere da quanto accadrà fino a maggio, DDR lo merita per il suo grande lavoro. Ma nessuno può decidere al posto dei Friedkin, quindi è giusto aspettare. Su un altro anno di Pioli in casa Milan occorre che tutti siano sulla stessa lunghezza d’onda, che non esistano mezze predisposizioni ma convinzioni totali, è un passaggio fondamentale. Quanto alla posizione di Allegri, non serva aspettare per capire se la Juve arriverà terza o quarta oppure se vincerà la Coppa Italia. La chiave di lettura è un’altra: hai bisogno di cambiare a prescindere e la strada è sempre questa con Thiago Motta in pole da mesi e mesi. E questo lo diciamo a chi tre o quattro giorni fa se n’è accorto con totale ritardo: parliamo di chi lavora sulle notizie non sue e in differita, infischiandosene delle fonti e del ritardo pur di giustificare la sua “paghetta”. Andando consapevolmente incontro a figuracce: quando sarà il momento aggiungeremo qualcosa per quella che è un’invocata e non più sorprendente svolta (da mesi) sulla panchina della Juve. C’è una cronologia che parla rispetto a chi è sceso in campo in differita o con il fuso orario di Melbourne.
Igor Tudor è un discreto allenatore: se ci mettesse un po’ di spocchia in meno e un po’ di rispetto in più, sarebbe meglio. Ma due cose avrebbe dovuto fare e non ci è riuscito: giocare una partita migliore in Coppa Italia a Torino e non perdere il derby visto che c’era una striscia positiva in corso di oltre due anni. Adesso ci sarebbe una terza cosa da fare: provare a superare il turno nella semifinale di ritorno, altrimenti le uniche tre cose vere del suo mandato di questa stagione le avrà buttate tutte nella pattumiera. Tudor è un discreto allenatore, ma ha completamente bucato la formazione iniziale del derby: se fai tre sostituzioni all’intervallo un motivo ci sarà e sotto quest’aspetto ci ha completamente deluso. Felipe Anderson lontano dalla porta, Kamada in una posizione ibrida, Immobile inesistente: alla fine ha pagato Isaksen che non era stato certo tra i peggiori, a conferma della confusione che albergava in Tudor. Addirittura a fine partita ha sottolineato come buona parte della squadra sia ancora abituata ai metodi di Sarri. Alibi all’interno di una formazione toppata in pieno. Non sapendo che l’abitudine di Sarri era un’altra: non perdere i derby… Immobile ha fatto peggio con le parole che in campo, parlando di squadra scombussolata per l’addio di Sarri. Un giorno, molto presto, sarà giusto ripristinare la verità. Immobile ha parlato di una stagione difficilissima per lui, in realtà sono due perché non dimentichiamo che nel 2022-2023 Felipe Anderson ha giocato spesso da finto centravanti per i continui infortuni dell’ex king del gol. Ma diventa importante non esagerare con le parole, assumersi le responsabilità senza alibi e parlare da capitano. Chissà quando Luis Alberto metterà il suo prossimo like per commentare l’esonero dell’allenatore, in campo è inguardabile e ormai neanche titolare. Abbiamo ascoltato alcune domande talmente sballate che non hanno ancora intuito come l’allenatore sia Tudor e non più Sarri. Poi hanno affibbiato un virgolettato sul derby che Sarri mai hai rilasciato. Ma siamo nell’era degli ex commentatori di sci che non vedevano l’ora di spargere veleno, a lutto dopo un secondo posto e che potranno parlare (forse) soltanto di slalom giganti o di discese libere. Ripetiamo: il Comandante avrebbe dovuto togliere il disturbo la scorsa estate quando il suo presidente anziché ringraziarlo per la cascata di milioni che gli aveva regalato, tra secondo posto, qualificazione Champions e finale di Supercoppa italiana, lo sfidava in pubblico. Non l’ha fatto per rispetto e amore anche verso chi poi gli ha voltato le spalle. Morale: Sarri si è liberato e li ha liberati. Ma i veri problemi sono ancora lì, per fortuna non più suoi.