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Editoriale Calcio

Napoli, l’uovo di Manna. L’ingiustizia su Sekulov. Pioli, le parole non servono. Allegri e Sarri: gli assurdi paragoni

All’improvviso il responsabile del momento nero della Juventus si chiama Nikola Sekulov. Assurdo. Un ragazzo del 2002, di professione attaccante, buttato colpevolmente bella mischia da Allegri nei minuti finali della sfida di sabato scorso all’Olimpico. Dopo aver escluso, altrettanto colpevolmente, sia Chiesa che Kean per la solita interpretazione da “tutti dietro” che non fa onore alla storia e al blasone della Juve. Quindi, Sekulov avrebbe dovuto coprire meglio su Marusic al minuto 93 per non consentirgli di girare di testa in solitudine. Quindi, per spiegarsi meglio, Nikola avrebbe dovuto fare il veterano e lo smaliziato in una squadra squinternata e senza mezza idea. Complimenti. Dispiace soprattutto che la spiegazione sia di un ex allenatore che per trascorrere meglio il tempo (non gratuitamente) si è buttato su un microfono per commentare in attesa che si riapra – quando? – una possibilità per tornare su una panchina Serie A dopo anni luce di assenza. Questa “copertura mediatica” nei riguardi di Allegri è inconcepibile e offende chi ha un po’ di sale in zucca per ragionare da solo senza farsi condizionare da giudizi senza senso. Allegri aveva tre attaccanti a disposizione, non si degna mai di far giocare Chiesa e Yildiz in coppia. E poi si rifugia nella superficialità di chi ha trascorso gli ultimi 20 minuti (non solo quelli…) in apnea, dovrebbe avere un rigore contro (nettissimo il fallo su Zaccagni) e continua a trattare la Juve come la peggiore delle provinciali. Il concetto è sempre lo stesso: prima verrà dato il benservito ad Allegri, meglio sarà. In fondo, il concetto vale anche per Sekulov: prima incontrerà un allenatore capace di non mandarlo all’avventura, meglio sarà. Per la cronaca, il discorso non cambierebbe se per pura combinazione la Juve riuscisse ad alzare in cielo l’unico trofeo (la Coppa Italia) in tre anni orribili firmati Allegri. A proposito di Max, prendiamo atto delle confusionarie interpretazioni di Massimo Orlando, ex promessa senza grandi sbocchi, che ora chiede la testa dell’allenatore. Lo stesso Orlando aveva detto a gennaio che l’Inter, se avesse sbagliato un paio di partite, non sarebbe stata in grado di riacciuffare la Juve per lo scudetto. Addirittura. L’Inter oggi è a più 20 sulla rivale, quindi stendiamo un triplo velo pietoso.

Nell’uovo di Pasqua del Napoli c’era Giovanni Manna. Una mossa a sorpresa per il ruolo di direttore sportivo, le totali conferme rispetto a un nome inedito anticipato nella mattinata di ieri. I misteri risolti in poche ore, la mossa di ADL che – contrariamente al recente passato – fa una cosa giusta: sceglie prima il direttore sportivo e poi l’allenatore, nel caso di Garcia-Meluso aveva fatto l’esatto contrario. Manna aveva bisogno di camminare in piena autonomia, il suo ciclo alla Juve è in dirittura, già lo scorso inverno aveva detto no a qualche timida proposta. È giovane, classe 1988, dovrà metterci la faccia, sa che a Napoli non sarà una passeggiata di salute, ma avrà tempo e modo di giocare la partita. Giuntoli ritroverà presto i suoi uomini a Torino bianconera con un anno di ritardo, ci riferiamo a Stefano Stefanelli e Peppe Pompilio. Il Napoli sceglierà con calma l’allenatore, tenendo conto che la pista Italiano non è una sorpresa e può materializzarsi 12 mesi dopo. Il Napoli ha apprezzato Xabi Alonso e Domenico Tedesco senza margini di manovra, sa che il sogno Conte ha salite ripidissime, intanto mette mano al management. Manna avrà lavoro h24 senza soluzione di continuità e mille riflettori addosso.

Un telegramma per chi chiede di Stefano Pioli e del suo futuro. Le parole o le virgolette dei diretti interessati in casa Milan lasciano il tempo che trovano: Cardinale aveva espresso tutto il suo dissenso pur senza fare nomi, Scaroni ha confermato la fiducia. Ci metteremmo in mezzo e aspetteremmo il derby di ritorno e il percorso rossonero in Europa League, le altre cose sono chiacchiere di inizio aprile. Esattamente come chi, non sapendo come arrampicarsi sull’argomento Allegri, si concentra sul seguente concetto: “Non capisco perché si parli sempre di Max e non di Sarri che ha fatto male”. Glielo spieghiamo. Punto primo: gli organici degli ultimi tre anni di Juventus e Lazio non sono lontanamente paragonabili, lo sanno anche i neonati dentro una culla. Punto secondo: Sarri ha lasciato durante un campionato negativo, preceduto da un irripetibile secondo posto. E dentro il campionato negativo, quello in corso, è arrivato agli ottavi di Champions ma anche alle semifinali di Coppa Italia. Allegri, invece, è riuscito a farsi eliminare dalla famosa Champions dopo averne perse cinque su sei, addirittura schiaffoni dal Maccabi, servono i disegnini? Quindi, il confronto facciamolo sui tre anni, sugli organici a disposizione, e non su UN CAMPIONATO, quello in corso: sarebbe deontologicamente più corretto. Punto tre: Sarri si è dimesso (gesto che vale più di un milione di barattoli di acciughe, salmoni e caviali) per consentire alla Lazio di ripartire, rinunciando a qualche milione e all’interno di un ciclo complessivamente positivo. Di Allegri possiamo dire la stessa cosa? E le famose dimissioni quando? Ci sarebbero stati argomenti molto più importanti, dentro questi tre anni orribili, per farsi da parte senza guardare il contratto e/o i bonifici. Ma Allegri è ancora lì, Sarri ha salutato da un pezzo e l’opinionista della notte si frantuma le unghie – indifendibile lui – arrampicandosi sugli specchi.

Alfredo Pedullà

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