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Primo piano

Juventus, alibi finiti. Cadere più in basso di così è impossibile

Nel corso del campionato ci sono diversi fasi, ma alla fine il giudizio tocca soltanto al campo. Per la Juventus, il campo ha parlato e anche in maniera significativa: questa squadra non ha più un’identità. Nella prima parte di stagione, spesso questa analisi era stata sospesa o messa in discussione perché intervallata da qualche vittoria importante o da un secondo posto in classifica che forse, in pochi, si aspettavano. C’è un momento, però, in cui gli alibi devono per forza essere messi da parte, soprattutto perché c’è sempre una dignità da conservare. Quello che stiamo vedendo in queste ultime settimane non ha molta logica.

Senza lucidità

Massimiliano Allegri sembra aver perso lucidità, la squadra ormai pare scollegata da quello che è il pensiero principale del proprio allenatore. Allenatore che, in conferenza stampa post partita, continua a dire che l’obiettivo principale (la qualificazione in Champions League) è stato raggiunto, quasi a voler difendere qualcosa di indifendibile. Il percorso di Allegri alla Juventus riflette la fase finale di ciò che ha vissuto Josè Mourinho sulla panchina della Roma e Maurizio Sarri su quella della Lazio. Per il primo è scattato l’esonero, il secondo ha avuto il coraggio di dimettersi. Allegri, per ora, mantiene un posto che deve essere per forza messo in bilico.

E ci sono due motivi. Uno: la Juventus deve puntare sempre al massimo, e nelle sue dichiarazioni – spesso – è stato percepito un senso di appagamento che non può essere giustificabile. Due: la squadra pare non seguirlo più, pare non avere più interessi. E la risata di Adrien Rabiot, dopo il fischio finale contro la Lazio, ne è la chiara dimostrazione. Le minestre riscaldate non hanno mai funzionato e Allegri, nella mente della vecchia dirigenza bianconera, sembrava essere l’eccezione alla regola. Nulla di più falso, perché mai è stata data l’impressione che questo potesse essere un progetto a lungo termine in grado di portare benefici a una squadra che deve per forza puntare a vincere. Nemmeno l’eventuale vittoria della Coppa Italia potrebbe salvare un film che nessuno voleva scrivere: cadere più in basso di così, forse, è impossibile. E’ arrivato il momento di una vera rivoluzione. In tutti i sensi.

Federico Calabrese

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