Allegri sta chiudendo come peggio non potrebbe la sua esperienza alla Juventus. “Odiato” dal popolo bianconero, non sostenuto dalla squadra e non supportato dal nuovo corso dirigenziale. E’ rimasto a galla fino a quando ha potuto poi è tornato indietro con i suoi limiti di un Allegri bis che, a Torino, non aveva alcun senso. Una minestra riscaldata a bassa temperatura e senza aggiunta di un pizzico di sale. Il più grande errore di Andrea Agnelli non è stata la follia Ronaldo, l’aver perso Marotta o aver appoggiato la Superlega bensì aver fatto 4 anni di contratto ad un allenatore. Allegri non ha una squadra forte e già aver portato, probabilmente, la Juve di nuovo in Champions è un buon risultato. Ora, però, si sta lasciando andare in mare aperto. Sta dando ragione a tutti i suoi detrattori ma soprattutto se prima i risultati nascondevano il non gioco, adesso tutti i nodi vengono al pettine. La Juventus non può continuare a fare queste figure ogni anno. Giuntoli ha accettato di lavorare per la squadra del cuore ma sapeva bene che doveva mandare giù due bocconi amari. Un’estate senza mercato, da turista a Milano, e un anno con Allegri in panchina. E’ stato un leone in gabbia e ora inizia a ruggire. Sarà un mercato di rivoluzione che porterà a molti cambi tra i calciatori e in panchina arriverà Thiago Motta, nella fantasia di Giuntoli, che si è mosso con largo anticipo per beffare la concorrenza di altri grandi club. Con Motta c’è l’accordo su anni e numeri ma soprattutto su intesa di come allestire la squadra. Allegri andrà verso l’anno sabbatico o la risoluzione del contratto a pagamento. La nuova Juventus non sarà sperimentale, i tifosi sono stanchi e non accetteranno l’anno di transizione perché ci sarà l’ennesima rivoluzione. Motta si prende una bella responsabilità. Partire dalla Juve come prima big da allenare non è per tutti. Aspettiamo qualche settimana e ne sapremo di più. Per l’allenatore prima c’è da conquistare la prossima qualificazione Champions con il Bologna.
Il Milan continua a viaggiare in questo finale di stagione. Peccato che sia troppo tardi per lo scudetto ma non per lasciare il segno nell’Europa di serie B. I numeri impressionanti dell’Inter e l’inizio non stupendo del Milan hanno condizionato la stagione rossonera. La società rinnova pubblicamente la fiducia a Pioli, il Mister che scemo non è se la tiene stretta e tra il silenzio nei periodi bui e una canzone tolta a San Siro prima dei match indovina la strategia per restare inchiodato a Milanello. Nonostante questo buon finale il Milan merita di lottare ogni anno per lo scudetto e quest’anno è uscito troppo presto dalla corsa al titolo e troppo presto dalla Champions. Nel calcio si guarda sempre all’ultimo periodo, non si fa mai una analisi a 360 gradi e soprattutto di prospettiva. Pioli è un ottimo allenatore che al Milan ha dato tutto ed è cresciuto tantissimo con questa società. Però se si vuole crescere bisogna avere il coraggio di alzare l’asticella. Nelle scelte aziendali e di mercato. Il Milan è un grande club con grandi dirigenti, non dovrebbe spaventare l’ambizione. Pioli ha fatto il massimo e più del massimo non c’è molto altro. Il gran finale non deve trarre in inganno perché questa squadra ha bisogno di 3, forse 4, top player e ha bisogno di un grande condottiero che porti la mentalità vincente che appartiene da sempre al dna rossonero.
Intanto, a Napoli, più passano le settimane e più completano il disastro nell’anno dello scudetto sul petto. De Laurentiis ha commesso più errori in questi 10 mesi che in tutta la sua storia da Presidente del Napoli. Meglio che li abbia concentrati tutti in questa stagione. Non ha indovinato una sola decisione, ma dico una. Dagli allenatori ai calciatori, alle strategie mediatiche e di comunicazione. Un disastro completato dalla gestione approssimativa del caso Juan Jesus. Senza avvocato, senza difesa, senza prove e con la lamentela continua del vittimismo verso Acerbi senza aver portato una prova o una testimonianza dei compagni di squadra in campo. Il campo, lo stesso, che continua ad essere chiaro con il Napoli. L’Atalanta passeggia al Maradona e il futuro non presenta nulla di buono. La conferma che tutti volevano è arrivata: lo scudetto del Napoli è stato casuale, grazie a Spalletti e Giuntoli, figlio di un anno perfetto che capita ogni 50 anni se in squadra non hai Diego. I cicli si basano su costruzioni solide societarie. Qui, invece, c’è approssimazione e mancanza di programmazione. Troppa confusione. Cosi i cicli non si aprono e non si chiudono. Semplicemente non esistono.