Siamo arrivati all’ultimo rush della stagione. Un’annata complicata per diverse squadre. Chi, di sicuro, non avrebbe potuto immaginarsi un’involuzione del genere è il Napoli. Dal trionfale scudetto portato sotto le pendici del Vesuvio trentatré anni dopo, fino a una debacle clamorosa, dove lo scettro è stato ceduto a febbraio senza nemmeno provare a difenderlo. Colpe da attribuire a tutti i soggetti in causa, e un triste epilogo che deve far pensare per il futuro. Organizzazione, programmazione: queste sono le parole chiavi, le basi su cui costruire una struttura solida. Basi che quest’anno, al Napoli, sono mancate da inizio stagione.
Castello di sabbia
Prima Rudi Garcia, poi Walter Mazzarri e infine Francesco Calzona. Aurelio De Laurentiis ha provato più volte a tappare voragini che però, col passare del tempo, sono diventate sempre più profonde, complicate da arginare. De Laurentiis non ha sostituito in maniera adeguata Cristiano Giuntoli, segno di come la figura del direttore sportivo sia sempre più determinante all’interno di una società sportiva. Una serie di decisioni sbagliate, quelle effettuate dal patron della società partenopea, che forse si è fidato troppo dei mezzi che aveva a disposizione, sottovalutando dall’inizio quello che doveva essere l’anno della consacrazione. Così non è stato, e il castello di sabbia su cui poggiava una struttura debole è crollato in pochi mesi.
Questi errori non bisognerà ripeterli la prossima estate, quando dovrà essere messa in atto una vera e propria rivoluzione per evitare il sequel di un film horror che nessuno vuole guardare. Servirà porre le basi dietro la scrivania del Napoli, perché una squadra deve essere costruita con criterio, in linea con l’esigenza di un allenatore che – ad oggi – non si sa chi sarà. Calzona, a giugno, ha il contratto in scadenza e un’avventura con la Slovacchia che proseguirà. Il casting è aperto da molto: non bisognerà, però, pensare solo all’allenatore. Bisognerà premere il tasto “reset”. E provare a ripartire.