L’Italia ha vinto la prima amichevole di marzo contro il Venezuela, anche se le difficoltà emerse sono state davvero tante. Non si può imputare nulla a Luciano Spalletti, che a metà agosto dello scorso anno aveva raccolto una Nazionale davvero scarica (in tutti i sensi) dopo l’addio di Mancini. C’erano poche certezze (Immobile, Donnarumma, Chiesa, per citarne tre), oggi è cambiato molto, quasi tutto, anzitutto per lo sviluppo costruttivo del gioco di Spalletti, poi anche per l’interpretazione delle pedine. Il blocco difensivo composto dagli interisti e la brillantezza ritrovata di Pellegrini ha portato il commissario tecnico a sperimentare qualche novità, come quella del trequartista pronto a determinare alle spalle del riferimento avanzato.
E se Retegui qualche indicazione positiva l’ha fornita, ben diverso è il discorso sull’impostazione di gioco del collettivo. Ma con un’educazione tattica poco ricca dal punto di vista temporale, visto che gli appuntamenti per sperimentare sono pochi a circa 80 giorni dall’esordio all’Europeo contro l’Albania, ecco che per Spalletti l’approccio tattico di riferimento sarà ancora il 4-3-3. A prescindere da ogni discorso sul modulo, tante le incognite nei giocatori titolari. Cambiaso e Udogie possono agire da laterali in un centrocampo a quattro; Locatelli non ha compiuto il salto di qualità che qualcuno s’aspettava. Le sue prestazioni alla Juventus restano scadenti, ecco perché c’è ancora bisogno di Jorginho, che in fin dei conti resta la guida metodista più affidabile per la distribuzione del gioco in mezzo al campo. Davanti il pimpante Zaniolo è un’ipotesi che stuzzica, Chiesa vuole ritrovarsi ma gli ultimi indizi sono poco consistenti, Retegui potrebbe trasformarsi in certezza offensiva. Barella è intoccabile, ma chi sarà l’altro suo collega nelle vesti di mezzala? Un incursore alla Frattesi, un palleggiatore stile Bonaventura, una pedina più di sostanza alla Cristante? Presto per sbilanciarsi, d’altronde anche la testa di Spalletti è colma di dubbi.
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