Tiene banco il caso Acerbi–Juan Jesus, con il botta e risposta dei due in attesa che le versioni dei calciatori sul fattaccio di San Siro vengano ascoltate dalla Procura federale. In esclusiva per SPORTITALIA è intervenuto l’ex giocatore del Torino – oggi allenatore della società dilettantistica del Corato – Diaw Doudou il quale, nonostante ci abbia raccontato di aver vissuto in prima persona episodi davvero spiacevoli da giocatore, ha dimostrato una certa sensibilità anche nei confronti di chi oggi viene accusato di aver pronunciato termini razzisti. Su Acerbi Doudou esordisce infatti così: “Dispiace perché successo alla persona sbagliata”.
Perché lo sarebbe Acerbi?
“Non lo conosco personalmente, ma vedendo il suo vissuto, la carriera che ha fatto e sentendolo parlare nelle interviste mi sembra una persona intelligente, perbene, a posto. Però purtroppo queste cose succedono durante una partita”.
Fa un certo effetto sentir dire “cose che succedono in campo”: parole simili a quelle di Juan Jesus nel post-partita…
“A me è successo con l’Atletico Roma. Feci un’entrata dura su un attaccante, il quale si rivolse a me dicendomi “Ne*ro di mer*a”. Rosso e squalifica per lui, io risi con l’arbitro, dicendo all’attaccante che era stato anche poco furbo a parlare così davanti al direttore di gara. Non facciamo finta di niente: succede in ogni categoria e anzi in quelle inferiori, lontano dalle telecamere, accade anche di più”.
Detta così può sembrare una giustificazione, ma non è invece un’aggravante?
“Lo è. E se fosse tutto vero, dico che quello che è scappato dalla bocca di Acerbi non gli doveva proprio scappare. Capisco l’agonismo e tutto il resto, ma non è tollerabile. Sono poi certo, ma è una mia idea, di una cosa”.
Quale?
“Qualcosa deve essere successo a intuito. Se guardi la dinamica è quantomeno strano: loro si scontrano e poi Juan gli va contro. Insomma, non penso che sia così matto da fare così senza aver ricevuto un’offesa. Poi se Acerbi si è scusato significa che qualcosa ha detto”.
Acerbi però ieri ha detto di non aver pronunciato frasi razziste.
“E’ stato poco furbo perché quando è tornato in stazione sarebbe stato meglio se non avesse parlato: vai prima dall’avvocato o dall’Inter. Questo ha provocato la risposta di Juan Jesus infatti”.
Il brasiliano aveva abbassato i toni davanti alle telecamere inizialmente: che ne pensa di quella sua prima reazione?
“E’ stato molto intelligente, conosce certe dinamiche ed ha voluto spegnere le cose. Però una volta che esce pallottola non puoi rimetterla dentro alla pistola. Mia sorella vive in America e mi chiama “niger”, che non è offensivo, soprattutto se detto fra di noi in simpatia: se dici nero non succede niente, ma usando la parola “negro” sai bene che accezione negativa essa abbia. Credo che se avesse detto solo “nero” non si sarebbe offeso”.
Si aspetta una squalifica grossa?
“Se fosse tutto appurato, va dato l’esempio, sennò buttano via tutto il lavoro di anni fatto dalla Federazione. Questa cosa ha fatto il giro del Mondo ormai. Concludo dicendo che non mi aspetto grandi cambiamenti in generale”.
Cosa la fa essere pessimista?
“Temo che nel 2050 sarà ancora tutto uguale. Andare nelle scuole e fare sensibilizzazione non ha cambiato nulla perché poi i bambini vanno allo stadio e vedono il papà che offende o dice frasi razziste, quindi imparano. E non è nemmeno razzismo, piuttosto ignoranza acuta contro la quale si può fare poco. Magari come hanno fatto in Inghilterra, dove sono inflessibili con le punizioni”.