Ci sono gli Allenatori e poi gli Uomini. Meglio: prima gli Uomini. Maurizio Sarri decide di uscire allo scoperto in un pomeriggio di metà marzo, si dimette e lascia circa 5 milioni netti sul tavolo. La dodicesima sconfitta in campo, l’Udinese padrona, i calciatori che piangono oppure fanno comizi dopo una sostituzione, che non sanno fare uno stop, che sbagliano – più volte – a mezzo metro dalla porta. E che magari tra qualche ora si scateneranno via social, con le facce finte e di circostanza. La Lazio aveva confermato Sarri con un comunicato pochi giorni fa, Sarri ha tolto a Lotito quest’impiccio. E Lotito, nel giorno della comunicazione, era in Senato: non è detto – anzi – che la Lazio venga prima del resto come dice. Una storia che dura da 20 anni, la colpa è sempre degli altri, gli allenatori scappano e se dobbiamo pensare al risparmio sugli emolumenti questo è un Grande Giorno. Soprattutto per Sarri che ha commesso un errore figlio del sentimento: avrebbe dovuto presentare le dimissioni a luglio quando Lotito lo aveva sfidato in uno dei suoi blitz ad Auronzo di Cadore. “Il mercato lo faccio io, l’allenatore allena”. A pochi mesi da uno storico secondo posto che aveva portato una cascata di milioni, cascata che era diventato un oceano con la cessione di Milinkovic-Savic. Lotito dice di aver speso 100 milioni, fate bene i calcoli al netto delle entrate. Sarri aveva deciso di non dimettersi (ci aveva pensato già subito dopo una sessione invernale andata come al solito a vuoto, non l’ultima) per amore verso la gente. Se fosse per i soldi, sarebbe ancora lì. Anche se qualcuno lo ha tradito, lo ha insultato, sulla scia di una comunicazione spesso schierata e che è stata a lui ostile da sempre, fin dai primi giorni. Gente prestata al giornalismo, influencer che sentenziano senza congiuntivi e difendono gli indifendibili, i nostalgici di Tare (anche ieri abbiamo ascoltato celebrazioni fuori luogo), i prevenuti, gli incapaci, i ruffiani, gente che dovrebbe giudicare la quotidianità di un lavoro che spesso porta zero riscontri. Per Sarri è quasi il giorno della liberazione, per Lotito parleranno i fatti. Oppure parlano da 20 anni. Il futuro del Comandante? Il Napoli gli aveva mandato messaggi a gennaio per la prossima estate, non raccolti. Alla Fiorentina è sempre piaciuto, in passato ci furono incontri. Ma la liberazione non ha prezzo, infatti 5 milioni sul tavolo. Vedremo se, come per incanto, i palloni da due metri finiranno in porta e se almeno uno stop su 5 verrà azzeccato. Magari così si eviteranno, subito dopo, le lacrime di coccodrillo da 4 milioni a stagione. Il Sarriball magari tornerà, per ora c’è il Sarripall. Sì, perché ci vogliono le palle a rinunciare a soldi pesanti, mentre i signorini chiedono gli aumenti e passeggiano per il campo.
I social fanno male alla salute, soprattutto se chi si cimenta non è in grado di utilizzarli. Prendiamo Raffaele Palladino: durante un sondaggio sul futuro allenatore della Lazio, ha visto il suo nome e si è autovotato, mettendo mi piace e magari pensando che quell’iniziativa avrebbe alzato le quotazioni per un possibile futuro in biancoceleste. Sarebbe come se al sondaggio per Miss Italia, la ragazza candidata diciottenne si concentrasse soltanto sul suo nome e andasse all’assalto di qualsiasi account pur di far lievitare i voti. Peccato, nel caso specifico, che stiamo parlando di un allenatore professionista – tra l’altro molto bravo – che ha perso una buona occasione per spiegare. Sarebbe stato bello dire “ho sbagliato, non avrei dovuto farlo”, piuttosto che bisbigliare “è stato un gesto impulsivo”. Peccato, un’occasione persa. Il bello è che poi lui, proprio lui, in conferenza ha dichiarato “ci vuole rispetto per Sarri” e qui nessuno gli toglierebbe due o tre Tapiri d’oro. I social bisognerebbe utilizzarli per non sparare sulla Croce Rossa: sono state scritte cose inenarrabili, violente e quasi animalesche nei riguardi di Roberto D’Aversa. Certo, l’allenatore del Lecce ha sbagliato in modo clamoroso nei riguardi di Henry, avrebbe dovuto chiedere scusa e l’ha fatto a modo suo, il raptus lo ha impacchettato e se l’è portato via per diverse ore. Ma augurargli le peggiori cose, non ammettendo l’errore (sia pure grave e reiterato) dell’uomo è un passaggio degno delle peggiori bestie (con tutto il rispetto per le bestie spesso superiori all’uomo). Un applauso di tre minuti va dedicato ad Antonino Gallo, terzino sinistro e punto di riferimento del Lecce, ma soprattutto un ragazzo del Sud con grandi valori. Gallo in campo non aveva accettato la sconfitta contro il Verona, primi piani intensi e le lacrime che avevano avuto il sopravvento. Fuori dal campo ha scritto un post bellissimo, spronando i compagni e cavalcando l’onda di un desiderio, quello di non arrendersi. Qualche Gallo in più e sarebbe un calcio migliore.
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