Daniele Scardina, l’incredibile racconto ha lasciato tutti senza fiato: la verità in un’intervista che vi sorprenderà.
Se potesse riportare indietro le lancette del tempo, è in America che andrebbe a vivere. Al di là dell’Oceano, dice, gli sarebbe stato permesso di combattere ugualmente. Ama il suo Paese natio, ma in qualche modo lo ha “imprigionato”. Gli ha impedito, come spesso accade in Italia, di fare ciò che realmente voleva, a causa di una burocrazia che spesso e volentieri incatena anche i sogni più ribelli.
Omar Hassan, però, non si è perso d’animo. Ha sì rinunciato a una parte di sé, ma ha trovato il modo di reinventarsi. Cresciuto a pane e palestra, accanto al suo amico di sempre Daniele Scardina, non ha potuto fare altro che individuare una nuova strada da percorrere. Il diabete e la burocrazia, così dice, lo hanno “fregato”. Ha tirato di boxe dall’adolescenza, ma ad un certo punto si è dovuto arrendere. A metà, però, visto e considerato che quello che fa oggi è legato a doppio filo alla sua passione per gli sport da combattimento.
Pensate un po’, lo fa talmente bene che Robert De Niro ha comprato di recente una delle sue creazioni. Omar oggi dipinge e il suo nuovo ring è un laboratorio pieno zeppo di tele immacolate e di colori. Non disegna mica coi pennelli, ci mancherebbe. Lo fa in una maniera che definirla insolita non renderebbe l’idea, ma che è estremamente emblematica della sua forza di volontà e determinazione.
Daniele Scardina, l’amico Omar Hassan colora il mondo con i suoi guantoni
Hassan realizza le sue opere d’arte colpendo, nel vero senso della parola e non metaforicamente, le tele con i suoi guantoni da boxe. Li impregna dei colori più svariati e piazza i suoi colpi sul bianco, dando vita a delle creazioni sorprendentemente originali e significative.
Lo fa con grazia, non con la violenza con cui colpirebbe un avversario a pochi secondi dallo scadere del tempo, s’intende. L’idea gli è venuta quando aveva 15 anni: “In palestra il mio avversario aveva riportato una ferita e il sangue mi era rimasto sui guantoni – ha raccontato al quotidiano ‘La Repubblica’ – Mi sono spostato al sacco e quando ho visto l’effetto che facevano quelle tracce nel momento di colpire, ho avuto l’illuminazione e sono andato a prendere i colori”. E quando qualcuno acquista i suoi quadri, dona all’acquirente anche il video in cui lo si vede alle prese con la realizzazione dell’opera. “Lì deve uscire la mia fisicità – ha spiegato l’ex pugile – si deve sentire l’audio dei colpi”.
Guai a pensare, però, che l’arte sia solo un piano B per l’amico di Scardina. “Non sono Tyson che fa i quadri – ci tiene a sottolineare – Io nasco prima artista che pugile. Da bambino facevo tutto il corridoio di casa con i pastelli. E poi mi sono iscritto all’Accademia di Brera, quindi…”. Un sogno nel cassetto, almeno quello, si è realizzato comunque.