Nuova strada intrapresa da Alvaro El Tata Gonzalez dopo il ritiro dal calcio, quella del tecnico: l’ex Lazio, campione d’America con l’Uruguay e ricordato anche per la storica Coppa Italia vinta in biancoceleste contro la Roma, da poche settimane ha firmato per l’Old Christians, nella Liga Universitaria.
Il “Motorino“, così veniva chiamato nella Capitale, è intervenuto in esclusiva a SPORTITALIA, per parlare del suo nuovo inizio e di alcuni ricordi che lo legano ai biancocelesti, oltre che del big match di Champions che attende Sarri stasera.
Come sta andando la tua nuova vita da allenatore?
“Ho iniziato da poco, ho questo ruolo da tre settimane, è una cosa che credo mi piaccia, mi tiene vicino al calcio, che è quello grazie a cui vivo. Sono di quelli che da piccolo aveva sempre il pallone incollato al piede, poi ho vissuto 20 anni di professionismo…”.
Insomma, non volevi stare senza calcio.
“E’ inevitabile che, anche se aver giocato 20 anni non è una garanzia del fatto che sarai un buon allenatore, questo ti possa dare molte armi, molta esperienza. Ho avuto molti tecnici che mi hanno lasciato tanto, altri meno bravi, ma ho imparato da tutti ed ora cerco di formare il mio stile di direzione tecnica”.
Quale? E ti vedi tornare in Italia, alla Lazio, con un nuovo ruolo?
“Ovviamente guardando anche dove sta andando il calcio per adattarmi anche alle filosofie moderne: il calcio è cambiato molto, ma mi trovo bene. Per il resto non sono ancora nel professionismo, anche se la società dove mi trovo è importante nel dilettantismo e si prende molto sul serio, è una realtà molto organizzata. Si allenano tre volte a settimana, giocano la domenica mattina e hanno aspirazioni sportive importanti, quindi sono contento anche di questo”.
Cosa ha significato per te vincere la Copa America con la Celeste?
“La Copa América per me è stato qualcosa di molto, molto importante. Forse, anzi senza forse, la cosa più importante della mia carriera. Perché la storia del mio Paese rimane, abbiamo dato una grande gioia alla gente, anche se parliamo di una Nazionale con una storia incredibile nelle Coppe del Mondo”.
Ci siete anche voi, in quella storia.
“Da notare che abbiamo vinto la 15ª Copa América, e che abbiamo quattro Coppe del Mondo, perché la FIFA riconosce le Olimpiadi del 24 e del 28 come tali. Nonostante sia un Paese molto piccolo e con una piccola popolazione, l’Uruguay ha una grande storia piena di successi e titoli, quindi non è stato facile unirsi a quella storia, dato che oggi il calcio è molto competitivo, più di prima. Insomma, è stato un risultato molto importante, molto bello, e giocare per il tuo Paese, per la tua squadra è la cosa più bella che possa capitare a qualsiasi giocatore. Qui in Uruguay lo sentiamo molto il calcio, quindi quella coppa è stata la cosa più bella che mi sia capitata. Nel 2010 ero rimasto fuori dalla lista finale per i Mondiali in SudAfrica, nei quali l’Uruguay ha fatto molto bene, e per fortuna l’anno successivo sono potuto tornare in nazionale, giocare la coppa, essere protagonista, giocare quasi tutte le partite, ed essere campione mi ha riempito di orgoglio”.
Poi c’è una finale che è stata altrettanto sentita dai tifosi che ne sono usciti vittoriosi. Parlo di quel derby di Coppa Italia…
“Spettacolare la finale contro la Roma. È un titolo che è rimasto davvero con me, per sempre, qualcosa che non può essere cancellato”.
Ci racconti l’avvicinamento a quel match?
“Ricordo molto bene la settimana prima del ritiro, l’importanza della partita era palpabile, il nervosismo che c’era da una parte e dall’altra per l’importanza che avrebbe avuto. Sapevamo che sarebbe stata unica, che sarebbe durata per sempre, nella storia. Il vincitore sarebbe stato ricordato per sempre e così anche il perdente, ma nel peggiore dei modi. Il nervosismo è cominciato ben prima a pensarci bene”.
Quando?
“E’ cominciato a salire già quando abbiamo battuto la Juventus ed abbiamo visto anche loro arrivare in finale. E’ stato spettacolare aver vinto così, in una partita tiratissima con quel gol di Senad (Lulic, n.d.r.) che non verrà mai dimenticato”.
La cosa più “folle” che hai visto nei festeggiamenti?
“I festeggiamenti furono… consoni all’importanza che quella partita ebbe nella nostra storia. Ricordo Ponte Milvio, il Pullman che non poteva più avanzare per la quantità di persone che festeggiavano davanti a noi, i miei compagni in festa”.
Vivere a Roma come è stato?
“I ricordi di Roma sono tanti. A livello sportivo ricordo i miei anni alla Lazio da giocatore, Auronzo di Cadore come primo posto dove dovevo iniziare a guadagnarmi un posto al mio arrivo, praticamente da sconosciuto. Poi i compagni che ho avuto, che mi hanno aiutato a consolidarmi in squadra”.
Tanti sudamericani…
“Innanzitutto Nando Muslera, mi ha aiutato moltissimo. Gli argentini che c’erano in squadra, Mauro Zárate, Leo Scaloni, Bizzarri. Anche Lucas Correa mi ha aiutato tanto ad entrare in uno spogliatoio dove non capivo la lingua. E’ sempre più facile quando hai persone che ti aiutano, come in quel caso loro lo hanno fatto con me. Poi ci sono gli amici italiani e sono stati tanti. Presto ho intenzione di passare a trovarli ma i ricordi sono molto belli, non solo sportivi, ma anche per la vita in sé, la città: mi trovavo molto a mio agio, mi piaceva molto Roma e la verità è che è stato un piacere. Non solo, vi dico una cosa”.
Prego.
“Se avessi potuto scegliere, sarei rimasto tutta la carriera a giocare lì, questa è la verità. Ma dopo ben 5 anni lì, con qualche cambio di allenatore che non mi utilizzava più, ho iniziato ad andare in prestito. Per il club e per quanto è bella Roma, unito all’amore delle persone che me lo hanno fatto sentire davvero sempre, ribadisco: sarei rimasto lì fino a fine carriera. Ancora oggi i tifosi della Lazio riconoscono quello che ho fatto per la società, la dedizione che ho messo, il sacrificio sul campo. Ricordano ancora il Motorino, come mi chiamavano. La verità è che è stato un piacere indossare quella maglia e ancora oggi sono tifoso della Lazio, ovviamente”.
Con il Bayern ce la può fare a resistere, stasera?
“Sarà una partita difficile, ma forse in queste partite puoi ritrovarti a tirare fuori qualcosa in più. Per l’importanza che ha, per il fascino della Champions: sono fiducioso. Poi non è il miglior Bayern degli ultimi anni e penso che la Lazio possa farcela, con l’approccio giusto e se individualmente i propri giocatori vivranno una buona serata. Non sarà facile, ma credo che ci siano delle possibilità”.
Che ne pensa del lavoro che sta facendo Sarri?
“Mi piace Sarri, penso che sia un bravissimo allenatore, lo ha dimostrato non solo nella Lazio ma anche in altre squadre. Sicuramente dovrà correggere tante cose, ma in questa partita in particolare penso che qualcosa ci si possa aspettare”.
Cosa?
“Che dia una marcia in più ai giocatori, che riescano a dare tutti il massimo delle loro possibilità e che questo porti ad assistere ad una grande serata”.
Scriverai a Vecino di fare uno dei suoi gol decisivi?
“Ho un buon rapporto con Mati, ma ci sentiamo poco, prima delle partite preferisco non parlare con amici ed ex compagni, per non generare più nervosismo di quello che già avranno addosso. E’ un giocatore con tantissima esperienza. Recentemente ho visto che è l’uruguaiano con più presenze in Serie A. Non è poco: molti uruguaiani hanno giocato in Italia ad alto livello. Rubén Sosa, Aguilera, Recoba, Montero: tanti, che lo hanno fatto alla grande. Penso che proprio Pablo Montero sia stato superato da Matías per numero di partite giocate in Serie A: questo fa capire la qualità che ha come giocatore. Ha anche una grande capacità di segnare, spero che possa essere in campo stasera e che possa aiutare la Lazio a raggiungere l’obiettivo”.
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