‘O miracolo è finito per il Napoli. Dalla possibilità ghiotta di aprire un ciclo vincente, alla distruzione totale di un progetto. La parola d’ordine che ora si ripete come una cantilena stonata dalle parti di Castelvolturno è: rifondazione.
Siamo solo a fine febbraio e il Napoli è fuori da tutto. La rincorsa Champions, se non si aprirà alla quinta squadra italiana l’anno prossimo, sembra davvero impossibile guardando i numeri impietosi di una squadra completamente smembrata nella testa e nel gioco. Neppure il terzo allenatore del post Spalletti, Ciccio Calzona, è riuscito a mettere le cose a posto. De Laurentiis pensava di poter affidare il Napoli a tizio, caio e sempronio per vincere ancora.
La gestione societaria è stata a dir poco fallimentare, incapace di programmare un ciclo vincente dopo lo scudetto. Ma le scuse campate in aria nella conferenza fiume di De Laurentiis non bastano, ci vuole una sana autocritica, anche perché il male se lo sta facendo da solo il patron. Siamo d’accordo che la squadra non gioca più da squadra e che forse Spalletti con Giuntoli rappresentavano la guida in campo, fuori e dietro la scrivania, ma quello che non ha funzionato, oltre al mercato fallimentare estivo e di riparazione della coppia Meluso-Micheli, è la gestione complessiva degli “scontenti”, alcuni già andati via, altri con il mal di pancia, altri con il broncio.
Che il miracolo Napoli sarebbe finito, lo si è scoperto subito: dal teatrino per il rinnovo e alla gestione di Osimhen, alla scadenza di contratto di Zielinski, passando per l’adeguamento a Kvaratshkelia, all’addio di Elmas, ai rinnovi al ribasso per gli altri campioni d’Italia in carica. Ora fa quasi comodo prendersela con Juan Jesus per l’errore finale contro il Cagliari o per i gol mancati da Politano e Simeone. Ok, sono situazioni che si possono vedere su campi di categorie inferiori alla serie A, ma ci rendiamo conto che Juan Jesus, tra l’altro preso in prestito all’ultimo momento tre stagioni fa per fare l’alternativa a Mario Rui a sinistra ed ora sta facendo il titolare in Champions e in campionato, quando l’anno scorso lui come Ostigard erano riserve di lusso di Kim e Rrhamani?
De Laurentiis pensava che affidando (dopo i disastri tattici di Garcia e Mazzarri) a Calzona il Napoli, che lui stesso ha disintegrato con le sue stesse mani, potesse d’incanto venir fuori da una situazione difficile che dimostra ancor di più che Spalletti era il valore aggiunto di una squadra da cui si è tirato fuori il massimo in una stagione memorabile da extraterrestri capaci di dominare la scena in Italia e in Europa.
Bastava dire durante la sosta mondiale a Spalletti: “Lucio, stai facendo la storia, firma qui il rinnovo”. E la storia sarebbe cambiata e forse il Napoli avrebbe avuto la possibilità di aprire un ciclo, magari no, ma certamente avrebbe mantenuto una competitività. Che De Laurentiis mediti, insieme a tutti quelli che hanno appoggiato la sue scelte distruttive. Il cinema, ancora una volta non è il calcio e non lo sarà mai in termini gestionali. De Laurentiis ha riportato lo scudetto, ma non da solo, le prove ora sono più che schiaccianti. Serve competenza, non bastano i solo i conti a posto.
Manuel Parlato
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