Urna bella e simpatica. Mentre il nostro campionato ci lascia ancora poche gioie ed emozioni per la classifica finale (quarto/quinto posto e zona retrocessione con due squadre da mandare in B) l’Europa ci affascina. Il sogno del tris ai quarti di Champions è vivo, ma sappiamo che serve un grande lavoro del Napoli e un miracolo della Lazio. Oltre al fatto che l’Inter a Madrid non andrà in gita. In Europa League ci affascina il derby italiano De Zerbi-De Rossi. Due estati fa erano a casa e si ritrovarono entrambi a vedere, ad agosto, gli allenamenti di Guardiola al City e poi la sera a tavola. Si stimano molto. De Rossi vede in De Zerbi l’allenatore al quale ispirarsi. De Zerbi vede in De Rossi un allenatore educato, giovane, molto preparato e come tutti i vincenti si augura davvero che possa fare una grande carriera. De Rossi, in questo calcio malato, rischiava di bruciarsi per colpa della Spal. Non era scarso prima, non è un fenomeno adesso. E’ bravo, intelligente ma deve fare pratica. La teoria serve a poco, altrimenti Giampaolo sarebbe stato il nuovo Capello. Invece sta a casa perché si è incartato nella sua teoria mai tradotta in pratica da campo. De Zerbi è l’idolo degli allenatori e dei calciatori. I colleghi lo amano per la sua umiltà e perché ha sempre tenuto aperte le porte del centro sportivo di Brighton. Lo vedono come un esempio e fanno bene. Come uomo e come allenatore. In Europa League ha superato un girone di fuoco e ora si trova subito l’inferno di Roma. La Roma di De Rossi è forte, non come quella di Mourinho. Adesso ha voglia, sorriso e gioco. Il portoghese ha bruciato due anni e un patrimonio. Daniele è ragazzo serio e lo capite anche da come esulta ai rigori. Vorrebbe fare il pazzo ma ha capito che è meglio contenersi. Ha capito come bisogna stare in panchina se sei allenatore della Roma e finalmente non vediamo più il circo di prima. De Zerbi, a fine stagione, potrebbe lasciare Brighton ma non la Premier. Lo seguono i 5 top club inglesi. Ha qualcosa anche in Spagna ma la sua follia lo porterebbe a valutare anche i club italiani. Lui è un innamorato del Milan. Dopo Brescia (e forse Foggia) c’è il diavolo nel suo dna. Cresciuto a Milanello potrebbe fare in rossonero quello che da calciatore non gli è riuscito. C’è solo una certezza nella carriera di De Zerbi: non allenerà mai l’Atalanta.
Di divertente c’è solo la zona retrocessione dove rischiano almeno 6-7 club. La Salernitana si sta ammazzando con le sue stesse mani, Nicola fa i miracoli e ne sta facendo un altro ad Empoli, poi Udinese, Cagliari, Lecce, Frosinone, Verona e Sassuolo. Tutti nella mischia. Muschio selvaggio direbbe Fedez, con il permesso di Chiaretta e del suo avvocato. Iervolino, possiamo dirlo senza offendere Presidente e popolo granata, con il calcio non ha tanto in comune. E’ stato un genio nel suo ambito, ha fatto un deal che tutti sogniamo nella vita e merita il rispetto imprenditoriale però… come direbbe Don Antonio Sibilia “O pallone è nat cosa”. Iervolino sta pagando l’inesperienza ma soprattutto l’oggettiva incapacità di gestione di un club di calcio. La società è un disastro, regna la confusione e la squadra non può brillare. Direttori sbagliati, allenatori gestiti male, mercato fallimentare, rapporto con la piazza sempre in bilico e Sabatini cacciato (giustamente) per ovvie ragioni e poi riportato in casa come mossa disperata come se a salvare la Salernitana fu Walter il magnifico e non il Cagliari. Liverani si è presentato con “si può anche retrocedere ma con dignità” questa frase a fine febbraio non si può pronunciare; anche se lo pensi e hai ragione.
Nell’anno orribile è finito anche il Sassuolo. Da qualche tempo la squadra stava giocando con il fuoco ma questa volta si è bruciata tra le fiamme. L’inferno della B è ancora evitabile ma ora non puoi sbagliare più mezza mossa. Fa sorridere la scena dei calciatori sotto la Curva, con una squadra che gli ultras non li ha mai avuti e tifosi veri si contano su una decina di mani. Il Sassuolo non ha storia è figlio della riconoscenza di Squinzi che dopo la sua morte ha delegato ai figli e Carnevali la gestione del club ma senza serie A, senza storia e senza tifosi rischia di diventare un disastro proprio perché manca la passione e la voglia di investire del vero artefice del miracolo Sassuolo. Carnevali è un grande dirigente. Intelligente, astuto, furbo e scaltro. E’ passato dal saper fare marketing e comunicazione a fare il dirigente di calcio a grandi livelli. Merita rispetto. Carnevali non è solo Sassuolo, può anche ambire ad altri club di prestigio ma il suo non è un lavoro bensì una missione. Salvare il Sassuolo per evitare gli errori di quest’anno. Uno su tutti: la conferma di Dionisi. Si capiva dalla scorsa stagione che il ciclo era finito. La squadra aveva già rischiato di finire in picchiata ma Carnevali ha sottovalutato questi aspetti. Bisognava cambiare mister in estate e anche molti calciatori dovevano andare via. Con il tempo serve un repulisti altrimenti si entra nella fase dove perdi le motivazioni e quelle che potrebbero giungere dai tifosi, dalla città e dal pubblico a Sassuolo non esistono. Il calciatore deve avere fame, invece, qui hanno tutto. Troppi comfort. Un villaggio Valtur che ti fa perdere fame a distanza di qualche anno.
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