I tifosi italiani sono in lacrime per la scomparsa di una vera leggenda del nostro sport: i suoi risultati hanno fatto appassionare moltissimi atleti nella disciplina
Era un punto di riferimento anche dopo aver smesso di praticare la propria disciplina e veniva sempre ricordata per la storica medaglia olimpica che le aveva cambiato la vita. Una serie di successi da far impallidire i fenomeni attuali.
Quando se ne va una leggenda di questa portata è sempre difficile poter andare avanti senza un ricordo speciale. Se consideriamo la scherma come uno degli sport che a livello olimpico ha da sempre dato maggior lustro allo sport italiano, allora abbiamo il quadro di che razza di campionessa sia stata Irene Camber. “La Signora della Scherma” si è spenta all’età di 98 anni nella sua Trieste, dopo una vita costellata di successi. Portava orgogliosamente con sé il record di prima olimpionica azzurra nella sua disciplina, in cui ha conquistato davvero tutto, per anni.
Non si era mai separata dal mondo della scherma, tanto da partecipare spesso anche agli appuntamenti più importanti, come i Mondiali che si erano tenuti a Milano lo scorso anno.
Irene Camber era una vera icona dello sport italiano e figlia di un periodo storico di grande insegnamento e ispirazione. Nel 1952 si aggiudicò la prima medaglia d’oro femminile in pedana alle Olimpiadi di Helsinki, aprendo una stagione di successi che la portò sul tetto del mondo nell’anno successivo a Bruxelles. Nel 1957 si aggiudicò il gradino più alto del podio nella competizione a squadre nei Mondiali di Parigi, per arrivare poi con le compagne ad agguantare una medaglia di bronzo nel fioretto alle Olimpiadi di Roma 1960.
Irene Camber era un punto di riferimento per la scherma azzurra da decenni. Un amore infinito per lo sport in pedana che affondava le radici alla sua giovinezza, quando iniziò a praticare nella sua Trieste. Nata nel 1926 ha continuato a gareggiare sino alla soglia dei 40 anni, concludendo la carriera con due medaglie olimpiche, e due titoli mondiali.
Un suo magnifico racconto al Corriere di qualche anno fa, ci riporta indietro con la memoria ad anni davvero complessi: “Il mio ritorno a Trieste, dopo la vittoria olimpica, avvenne ancora sotto l’occupazione degli alleati. Ricordo tutte le bandiere alle finestre, era una cosa emozionante, avevo vinto per l’Italia”. Un attaccamento patriottico da trasmettere con orgoglio anche alle nuove generazioni.
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