E’ bastata una partita. Una sola, stupida, maledetta partita. E tutto quanto di buono era stato fatto nelle ultime settimane e il relativo credito guadagnato, è stato cancellato come se non fosse mai successo. La partita di Monza nel mondo dei tifosi Milanisti è stata vissuta come se fosse la finale di Champions League, non considerando che, grazie a un ranking UEFA italiano che galoppa, la corsa per la qualificazione all’Europa che conta va fatta sul sesto posto e il Milan ha un incredibile margine di 11 punti sui 39 disponibili da qui a fine anno. Praticamente, salvo vere sciagure, artimeticamente il campionato del Milan è pressochè finito. Che questo non sia un buon motivo per fare figuracce è altrettanto vero. Ma ridisegnare le priorità e farne virtù è un obbligo urgente per tutti. A meno che il processo sommario non sia l’ennesima conseguenza di quella campagna denigratoria nei confronti di Stefano Pioli a cui accennavamo la scorsa settimana. Ebbene, è arrivata anche l’ora di far capire un’altra verità a chi spinge il #PioliOut sempre e comunque. Non è detto che Stefano Pioli non possa decidere lui, di sua volontà, di lasciare il Milan a fine anno. Tra le tante squadre in Italia – Roma e Napoli su tutte – e in Europa che cambiano, il nome di Pioli forse non sarà la prima scelta. Ma di certo nemmeno l’ultima. Perché oggettivamente, il lavoro fatto in rossonero in questi anni, con una rosa giovane ed economicamente sostenibile,senza mai andare sopra le righe e vincendo anche uno scudetto, non è passato inosservato a chi vuole fare calcio sostenibile. A maggior ragione, assume importanza quello che potremmo chiamare il Patto Dublino: tutti per la finale, poi in tanti per la loro strada. Forse il Mister, forse uno dei big (ma tutto dipende dalle offerte che arriveranno, di base il Milan non mette in vendita nessuno e nessuno vuole andare via), quasi certamente alcuni grandi vecchi, come Giroud e Kjaer. Pensare al Milan 2024/25 è un obbligo per chi dovrà metterlo in piedi, cioè Zlatan Ibrahimovic su tutti (sì, lui su tutti…). Ma per calciatori, allenatore e tifosi, il focus deve assolutamente rimanere su questi ultimi 3 mesi di stagione e basta. Stop.
Ragionando sul mercato estivo, registro la preoccupazione dei social per Joshua Zirkzee. Giocatore che sicuramente solletica gli appetiti di chi è abituato a vedere attaccanti belli, di chi ama l’estetica come solo i Milanisti sanno fare. Su Zirkzee il Milan c’è. E’ sveglio. Lavora. Certo, non solo il Milan e questo può diventare da qui all’estate un problema. Ma ciò su cui bisogna riflettere è la storia di Zirkzee: per vedere il giocatore che è oggi, è dovuto passare dal Bayern II, dal flop al Parma, da un buon anno all’Anderlecht, dalla gavetta a Bologna e infine dalle mani di Thiago Motta e un gioco che funziona. Zirkzee non era un pippone prima e non è un fenomeno adesso. Attenzione, non è una critica a Zirkzee, attaccante delizioso, ma al profilo: per un giocatore al suo primo anno buono, è sacrosanto darsi dei paletti finanziari e non affidarsi tecnicamente ed economicamente all’acquisto di pancia. Vi do una notizia: a calcio si può giocare anche senza Zirkzee. Come si poteva giocare anche senza Piatek, per intenderci. Certo, ben venga “uno” Zirkzee, un Sesko (che personalmente preferisco e che potrebbe rivelarsi più fattibile economicamente), un Pavlidis (giocatore solido e che fa gol): un giocatore da 25-30 milioni che possa rappresentare il futuro del Milan e crescere anche sbagliando… Ma Pulisic e Loftus Cheek (costati in due meno di 40 milioni) insegnano: gli acquisti da Milan, che ti cambiano le prospettive, sono quelli ragionati, calcolati. Con esperienza internazionale e personalità, ma da rilanciare, da prendere nel loro momento “down” e non in quello “up”. Fiducia allora in Moncada, che ben conosce il mercato, e Ibra: serve gente quadrata e pronta a fare la guerra, qualunque sia la provenienza e il curriculum.
Francesco Letizia