Adesso si fa sul serio, nonostante da più parti sembri che l'Inter il suo lo abbia già ampiamente portato a termine. Non è così, e Simone Inzaghi dovrebbe diffidare delle campane a festa che per lo più sono le stesse che ne celebravano il requiem sportivo non più tardi di un anno scarso fa proprio di questi tempi. L'Inter si è meritevolmente costruita la possibilità di affacciarsi al momento più complicato della stagione senza quell'angoscia che ne contraddistingueva la cadenza degli impegni di due stagioni fa, quando la beffa sul rush finale si materializzò a Bologna ma fu inopinatamente costruita prima della primavera. Il compito del tecnico nerazzurro sarà quello di gestire le forze a disposizione con intelligenza, ma senza il bilancino. Nel senso che è lecito e giusto dare fiato ai protagonisti, ma non in maniera scientifica. Perchè i fuoriclasse sono tali anche quando la giornata sembra storta, e privarsi costantemente di 20 minuti del loro apporto in nome del turn over è non solo delittuoso, ma anche maledettamente rischioso. L'esperienza insegna, ed Inzaghi sembra averne fatto tesoro.
Il tutto mentre permane la sostanziale incertezza rispetto alle intenzioni di una proprietà che sembra avere i mesi contati, ma che non ha la minima intenzione di lasciare il passo a qualcun altro proprio ora che ha fatto combaciare la formula magica dei risultati senza investimenti sul mercato. E' oggettivamente difficile ipotizzare quanto possa durare questo genere di alchimia, ma di certo la permanenza del blocco dirigenziale che dell'impresa di cui sopra è artefice si evidenzia come un segnale largamente positivo. Riprova ne sia la fiducia che diversi top player stanno riponendo nel progetto pur senza avere certezza di chi ne sarà il proprietario. Nonostante le dichiarazioni interlocutorie del suo agente ci sono sensazioni molto positive per blindare Lautaro Martinez, e lo stesso tipo di sentimento si può estendere a Niccolò Barella. Per quanto riguarda il centrocampista si deve registrare una grande apertura reciproca nel trovare un accordo per la permanenza in nerazzurro a lunga gittata. I tempi della firma non saranno brevi, specie perchè entrambe le parti in causa hanno concordato di mantenere la concentrazione totale sugli obiettivi che sta generando il campo: vincere il campionato, ed arrivare sino in fondo alla Champions League cambiando però l'esito della finale della stagione passata.
La scelta di dare priorità al campo sembra essere condivisa da molte altre protagoniste annunciate del giro di valzer che caratterizzerà le panchine nella prossima estate. Il Milan per esempio si sta godendo il momento ed i risultati di Pioli, memorizzando la scadenza contrattuale del tecnico di Parma e tenendo ben presenti anche le alternative che sono state prese in considerazione e che restano molto attuali. Inutile approfondire oggi, argomenti che non hanno radici così solide da poter rappresentare certezze con vista sull'estate. La Roma ha registrato lo sconforto di Mourinho dalle sue recenti dichiarazioni, ma sta imparando a fidarsi di De Rossi a tutto campo e non solo in qualità di totem della romanità. Aspetto che è stato fondamentale per evitare eccessi di contestazioni sull'onda emotiva dell'esonero dello Special One, ma che ora passa in secondo piano valutando la crescita innegabile di ciò che i giallorossi si stanno dimostrando capaci di esprimere sul rettangolo verde. I giocatori sono gli stessi, ma le caratteristiche che il tecnico sta mettendo in luce sono decisamente diverse: gioco armonico, spregiudicato e ricerca dell'attitudine a saper soffrire senza naufragare. Se il trend dovesse essere confermato, sarebbe oggettivamente difficile prendere altre strade per la prossima stagione.
Sta prendendo pieghe interessanti invece il mercato europeo: in primis con una situazione già abbastanza indirizzata come quella di Mbappè e del Real Madrid e che è realisticamente impossibile possa riguardare club di casa nostra in un futuro prossimo e probabilmente anche anteriore. In secondo luogo il domino delle panchine, con il Barcellona grande protagonista. E' impressionante la quantità di nomi che viene associata al dopo Xavi, tra idee accennate e proposte di agenti e intermediari che assumono un vigore mediatico che non trova riscontro con la realtà. Il nome di Flick è un esempio concreto, come spiegato la scorsa settimana al momento la candidatura dell'ex Ct della Germania non scalda la stanza del potere blaugrana, esattamente come quella di Tuchel che dovrà piuttosto gestire uno dei momenti più complicati della storia recente del Bayern Monaco. Il solo tedesco per il quale Laporta farebbe follie è Jurgen Klopp, pur sapendo che sarà complicato farlo recedere dalla sua intenzione di prendersi almeno qualche mese di pausa dopo la fine della stagione con il Liverpool. Xabi Alonso è un'idea ambiziosa, anche per la concorrenza dei Reds, mentre in Premier League piace il profilo di Arteta dell'Arsenal, vista l'attitudine alla crescita dei giovani sul campo ed il DNA blaugrana nonostante un'esperienza relativamente breve da calciatore al Camp Nou. Altre piste spagnole meno percorribili portano ad un romantico ritorno di Luis Enrique ed Unai Emery, che però ha costruito un gruppo di lavoro stabile in Premier all'Aston Villa.
Un chiusura su De Zerbi, il tecnico che personalmente sceglierei sia se fossi nel Liverpool che nel Barça: l'italiano rispetterebbe il DNA di entrambi i club con le sue idee di gioco e avrebbe la possibilità di esportare il suo credo anche in un club che parta con l'obiettivo di vincere tutte le manifestazioni cui prende parte. L'incontro in sede blaugrana di qualche giorno fa che ha visto i suoi rappresentanti protagonisti aveva un fine diverso: parlare di Araujo e del suo possibile rinnovo con i catalani. L'argomento De Zerbi è stato affrontato in maniera momentaneamente marginale, anche se non c'è affatto chiusura alla prospettiva che la favola partita da Brescia possa arrivare un giorno a trovare un capitolo anche sulle Ramblas. Chissà…