Dopo aver affrontato un precoce epilogo nel suo cammino agli Australian Open, estromesso da Jannik Sinner, Novak Djokovic ha voltato le spalle alle tribolazioni del campo.
Novak Djokovic sta trascorrendo alcuni giorni di riposo nella rigogliosa cornice del Trentino Alto Adige, più precisamente a Bolzano. Nelle ultime ore, l’eccelso protagonista del ranking mondiale si è trovato coinvolto, assieme ai suoi coetanei di merito, Andy Murray e Andrey Rublev, in un breve filmato in cui si dilettavano nel ritrarre le proprie personalità in una sorta di spettacolo di realtà.
Tale esercizio scenico ha suscitato l’ilarità dei loro numerosi ammiratori, non ultimo per le arguzie svelate nelle proprie dichiarazioni. Con un piglio giocoso, Nole ha tessuto in modo scherzoso le motivazioni della sua recente sconfitta ai quarti di finale a Melbourne contro il tennista azzurro, attribuendo le colpe a una singolare figura dietro le quinte (il presunto regista).
“Di solito gli sceneggiatori iniziano la stagione con il mio personaggio Novak che vince il titolo degli Australian Open. Quindi chi non gradisce l’inizio di questa stagione, contatti il regista”, ha scherzato con una nota di affabile sarcasmo.
Riacquisendo maggiore serietà più consona alla sacralità di uno sport importante qual è il tennis, è importante apprendere il parere in merito a ciò di Boris Becker, una figura dallo sguardo penetrante e dall’aria riflessiva, cui la gloria tennistica aveva conferito un’aura di saggezza.
Un’analisi accurata che sottolinea l’importanza della condizione fisica: l’annuncio su Djokovic-Sinner
“La reazione di Novak – comincia lentamente Becker, quasi come se cercasse le parole nel vortice dei suoi pensieri mentre parla ai microfoni di TennisWoldItalia.com – è stata notevole. Una reazione che, a chi osserva, può parere inconsueta per uno come lui, abituato alla vittoria come al proprio respiro. Ma il gioco è un’arte sottile che non si sottomette ai desideri di nessuno, nemmeno dei più grandi”.
Becker si interrompe per un istante, lasciando che le sue parole si diffondessero nell’atmosfera. “Forse Novak ha preso atto di una verità che, fino a quel momento, aveva scelto di ignorare. Che la sua condizione, la sua forma, non fosse quella che avrebbe dovuto essere. È un’umiliazione che pochi campioni sono disposti ad ammettere, ma che è parte integrante della via verso la grandezza”.
“Novak è il migliore di tutti i tempi in risposta e Sinner non è comunque riuscito a sfrittare un match point nel tie-break del terzo set. Questa è la storia della partita” ha analizzato nel dettaglio Becker, le cui parole riecheggiano, spiazzando chi le ode come un richiamo alla verità che si cela dietro le apparenze. Le sue parole riecheggiano, spiazzando chi le ode come un richiamo alla verità che si cela dietro le apparenze. “Eppure – si avvia a concludere con una nota di immarcescibile malinconia nel tono della voce – non si può non notare che Novak non ha espresso il suo apice in questa stagione a Melbourne. Ha lottato, sì, con fierezza e determinazione, ma il suo gioco è apparso privo di quell’incanto che lo contraddistingue”.
Becker si lascia andare a un sospiro, come se il peso delle sue parole avesse appesantito anche il suo spirito: “Ecco, signori miei, questo è il resoconto di una partita che va oltre il mero confronto tra due giocatori. È il racconto di una lotta interiore, di un campione che cerca di ritrovare la sua strada tra le insidie del destino e le trappole del proprio orgoglio”.