Max Verstappen, già accreditato di un facile dominio anche nella prossima stagione, confessa un particolare che in pochi sapevano
Spesso, quando si parla di figli d’arte si tende a pensare che il piccolo di famiglia voglia emulare le gesta del padre – spesso il primo idolo di ogni bambino – ma che non ne abbia le qualità. Praticare la stessa professione dello stretto familiarempuò riservare pericolosi tranelli, in cui spesso cadono i più testardi.
Non è certo questo il caso di Max Verstappen, figlio di Joel, ex pilota di Formula 1 che nell’arco della sua carriera è salito sul podio per due volte. Senza però riuscire a vincere neppure una gara. In questo caso il confronto padre-figlio, per una volta, è impietoso dalla parte del genitore, che tuttavia, ne siamo certi, sarà stato felicissimo di constatare come il primogenito di famiglia sia un autentico prodigio.
Uno di quei piloti come ne nascono pochi nell’arco di una generazione. Uno capace, all’ancor tenera età di 26 anni, di diventare tre volte campione del mondo. Stracciando record su record ad ogni titolo mondiale messo in bacheca.
I numeri del pilota olandese sono impressionanti. Record di punti in un campionato del mondo (454) nel 2022, battuto poi da lui stesso nel 2023 con 575 punti, frutto di un cammino incredibile, fatto di 19 affermazioni su 22 gare. E poi, come se non bastasse, c’è il distacco maggiore della storia nei confronti del secondo classificato nel mondiale, anche questo stabilito lo scorso anno. 290 punti. Un vero e proprio cannibale delle piste.
Cosa non potrebbe fare l’uomo più veloce del mondo, titolare tra l’altro di un contratto, valido fino al 2028 con la scuderia RedBull, da 45 milioni di euro annui più 25 di bonus? Tutto. O quasi tutto. Come da lui stesso rivelato nel corso di un’intervista rilasciata a Formule1.nl.
Verstappen, la clausola ‘amara’ del suo contratto
Forse memori di quanto accaduto a Michael Schumacher, lo straordinario ex pilota che detiene, a pari merito con Lewis Hamilton, il primato di titoli iridati conquistati, gli avvocati della scuderia austriaca non hanno voluto correre rischi. Le terribili conseguenze della caduta sulle piste di sci di Meribel nel dicembre del 2013, che comportò al tedesco diversi mesi in coma farmacologico, potrebbero aver influito sulla decisione di vietare al campione olandese di sciare nel tempo libero.
“Nel contratto ho una clausola che mi vieta di praticare sport pericolosi. Non scio da oltre cinque anni, perché il rischio di rompermi qualcosa è semplicemente troppo grande“, ha detto il pilota RedBull nel corso dell’intervista.
“Anche il ciclismo non è privo di pericoli, e quando vado in bici indosso il casco“, ha aggiunto Max cambiando subito discorso. Forse, nella sua testa, c’è la consapevolezza del ricordo di quanto accaduto a colui che ha rappresentato un modello per tutti gli aspiranti piloti della sua generazione.