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ESCLUSIVA SI Manfredini: “Cori a Maignan? Vergogna, ma non è giusto uscire dal campo”

Passano gli anni, ma il tema del razzismo nel calcio italiano torna periodicamente, tristemente al centro del dibattito. E' evidente che qualcosa, nel modo di affrontare la questione, non stia andando come dovrebbe, altrimenti scene come quella cui abbiamo assistito a Udine non si vedrebbero ancora.

Ma che cosa si potrebbe fare di diverso? Ai microfoni di SPORTITALIA è intervenuto in esclusiva l'ex giocatore di Lazio, Chievo e Juventus, Christian Manfredini, il quale già al tempo in cui era in attività aveva segnalato di aver assistito ad episodi simili.

Che ne pensi di ciò che è successo a Udine?

"Ho una visione un po' diversa, forse. Naturalmente parto dal dire che nel 2024, che ci siano ancora i cori razzisti sia uno scandalo. In Italia ancora ci tocca sentirne parlare mentre in altri Paesi non sanno più cosa siano. E' una vergogna, purtroppo in Italia c'è ancora questa cosa".

Come è stata gestita la cosa in campo?

"Gli organi del calcio fanno bene a prendere provvedimenti, non so quali verranno presi nei confronti di stadio e società. Questi cori c'erano quando giocavo io, ci sono ancora adesso. C'è però una cosa che mi permetto di dire di differente".

Prego.

"Posto quanto ho detto, non trovo giusto che un professionista del livello di Maignan esca dal campo, solo questo. Ai miei tempi noi incassavamo questi cori o insulti e stavamo zitti, andando avanti. Non ci dovrebbero essere chiaramente, al tempo erano equiparati quasi a degli sfottò, da parte dei soliti imbecilli. Per me una presa di posizione di quel tipo però è forse un po' troppo perché allora lo dovrebbero fare anche quelli che vengono insultati o fischiati. Naturalmente poi però se lui rimane in campo bisogna che altri prendano provvedimenti in modo efficace, ovviamente. Non spetta al calciatore fare giustizia, ecco".

Ma allora perché Maignan si è trovato a pensare di dover trovare da solo una soluzione? Non pensi che sia arrivato a questo per il livello di frustrazione che può aver raggiunto il ragazzo?

"Dico solo che bisogna che a decidere siano l'arbitro e chi governa il calcio, con adeguate misure, che siano la squalifica del campo o la sconfitta a tavolino questo io non lo so. Posto che non penso sia così che si possa sconfiggere il razzismo, ma se queste sono le regole allora è giusto applicarle".

Dal famoso episodio di Zoro sono passati 20 anni: è un fatto culturale?

"Sì, è un fatto culturale. Vi racconto la mia esperienza: arrivai in Italia a 5 anni, a Battipaglia, Salerno. Lì non c'era nessuno di colore in giro per le strade a parte i venditori ambulanti nelle spiagge. E non ho mai avuto grossissimi problemi, però qualcosa da affrontare c'era ovviamente, una piccola barriera con gli altri bambini che sgranavano gli occhi nel vedermi. Poi un fattore mi ha aiutato".

Quale?

"Il calcio: non ero più visto come il ragazzo con la pelle scura, ma come il calciatore, quello bravo. In Italia si era meno abituati alla presenza di stranieri, non ci sono paesi coloniali come per Francia o Portogallo. Oggi è diverso, ci sono molti più ragazzi di colore nelle scuole, anche con i miei figli, ma questa differenza rimane". 

Detto che poi nel caso specifico, l'incoerenza è data anche dal fatto che i protagonisti siano tifosi di una squadra che è da sempre un grande esempio di integrazione…

"Fa ridere, esatto. Ha detto bene Balzaretti: Udine è una delle poche realtà davvero modello, da sempre. Non è una città razzista, si parla di pochi imbecilli. Purtroppo si va avanti così".

Redazione

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