Non è ancora suonata la sveglia a casa De Laurentiis. Il mercato di gennaio è fatto di opportunità, certo, ma anche di tempismo quando le cose non stanno andando bene. E a casa Napoli stanno andando malissimo. Morale: ci sarebbe stata la necessità assoluta di fare almeno due-tre operazioni da ufficializzare entro il 5 gennaio, è arrivato soltanto Faraoni e siamo in chiaro – colpevole- ritardo. Dragusin è stata solo una pia illusione di chi lo aveva mandato in pole eppure ADL in pole non c’è mai stato. Sbloccare Samardzic diventa una necessità, senza entrare nei meandri dei rapporti con il papà del ragazzo. Il Napoli non ha ancora memorizzato che Elmas è andato, Zielinski non rinnova (e pensa da un paio di mesi all’Inter) e Politano invoca il prolungamento. Ci sarebbe stata una mossa, anche due da fare, per rasserenare l’ambiente. Invece, sondaggi (Barak) e ancora nulla, aspettiamo nelle prossime ore. La Juve, invece, ha deciso di uscire allo scoperto e sta per completare l’operazione Djalo: base di 3 milioni più altri 3 di bonus, un classe 2000 dalle buone qualità da portare a Torino, un prospetto fa far crescere e un’età (classe 2000) che ha spinto a sciogliere qualsiasi tipo di riserva. L’Inter lo avrebbe preso a zero, c’era un’intesa totale per luglio, ma senza la necessità o lo sfizio di anticipare a gennaio. Amen. Il centrocampista per Allegri? Non abbiamo creduto molto ai quattro-cinque nomi in libertà, in gran parte specialisti di Premier League, circolati nelle ultime settimane. La Juve non prende tanto per prendere, non avrebbe senso. Se più avanti si prospettasse la possibilità di fare un salto vero, nessuno si tirerebbe indietro. Altrimenti, pazienza: ci sono equilibri brillantemente raggiunti e che nessuno vuole toccare con il rischio di pentirsene. Il discorso su Kean è diverso: lui non ha chiesto di essere ceduto, alla Juve sta bene, ma soltanto di avere un po’ di visibilità in più fino a maggio, anche perché siamo nei mesi che conducono agli Europeo. E quindi non si può escludere che la Juve lo dia in prestito secco, si sono informati Monza (in pressing), Fiorentina e Bologna in quest’ordine, situazione da tenere sotto controllo.
Tiago Pinto lascia la Roma dopo tre anni, ma di sicuro non lascia traccia. La sintesi è molto semplice: nessuno lo rimpiangerà, nessuno morirà di nostalgia. Dire che abbia portato Dybala e Lukaku è un’affermazione abbastanza superficiale, soprattutto nel caso di Romelu che è stata un’operazione voluta, impostata e concretizzata dalla proprietà, con tanto di aereo personale messo a disposizione dai Friedkin. La gestione Pinto diventa famosa soprattutto per i folli investimenti quando c’era il semaforo verde: Shomurodov, Vina e Reynolds sono costati una quarantina di milioni e hanno sintetizzato la poca competenza nel chiudere determinate operazioni. Tra l’altro Shomurodov fu preso pochi giorni prima di piombare su Abraham, a conferma dell’inutilità dell’investimento e della necessità di impiegare quei soldi magari per un centrocampista di spessore. A proposito di centrocampista: Pinto si è congedato con il capolavoro Renato Sanches, lo scorso settembre disse che avrebbe garantito lui e che ci avrebbe messo la faccia, congratulazioni… Facciamo un passo indietro: quando fu chiamato dai Friedkin, se gli avessero detto che la Roma mai si sarebbe qualificata in Champions sarebbe stata una notizia normale oppure una notizia traumatica? Inutile continuare a parlare della Conference in bacheca, Tiago Pinto ha confermato a Roma i suoi enormi limiti mascherati soltanto dai giornalisti “scendiletto” che per una notizia si prostituiscono. Lascerà la Capitale il 2 febbraio all’alba, subito dopo la chiusura della sessione invernale di mercato. Dal 2 febbraio alle 15 nessuno si ricorderà più di lui…
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