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ESCLUSIVA SI Superlega, avv. Marasà: “Non vi è nulla di veramente rivoluzionario”

Dopo la sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, che ha aperto indirettamente alla nascita della Superlega, l'A22 Sports Management non ha perso tempo presentando il progetto rivisitato rispetto alle idee originarie. Si tratta di un torneo da 64 club, una formula nuova con promozioni e retrocessioni. "Meritocratico", è l'aggettivo che ha più volte utilizzato un'ora fa il CEO di A22 Reichart. Non c'è ancora una data di partenza, ma l'identità è già stata determinata. Ne abbiamo parlato in esclusiva per Sportitalia con l'avvocato Enzo Marasà (oltre quindici anni di esperienza professionale, nel corso dei quali ha assistito imprese nazionali e multinazionali su alcune tra le più complesse questioni) partner dello Studio Legale Portolano Cavallo (fondato nel 2001 dalla socia Manuela Cavallo e dal socio Francesco Portolano, fornisce consulenza legale alle aziende che operano in settori complessi e in continua evoluzione) che più volte è già intervenuto su questi temi, per rispondere ad alcune domande e fare chiarezza.

Cosa dice la sentenza riguardo la Superlega?

"La sentenza della Corte di Giustizia riguarda la questione se i poteri delle federazioni sportive ufficiali, come UEFA e FIFA, di pre-autorizzazione dell’organizzazione di campionati alternativi da parte di squadre e atleti membri delle federazioni medesime sia lecito o, piuttosto, costituisca un illecito concorrenziale nella forma di un abuso di posizione dominante o di un accordo anticoncorrenziale. La sentenza non riguarda invece se il progetto Superlega, così come originariamente concepito, sia lecito o a sua volta anticoncorrenziale, poiché tale questione non è stata posta direttamente alla Corte di Giustizia. Ad ogni modo, la sentenza precisa che il suddetto potere della UEFA/FIFA (e il relativo potere sanzionatorio in caso di violazione da parte dei membri) non è in sé e per sé abusivo o altrimenti anticoncorrenziale, ma lo diventa solo se la UEFA/FIFA lo esercita in modo arbitrario e cioè senza avere predeterminato in modo trasparente dei criteri sufficientemente precisi, oggettivi e non discriminatori, oltre che proporzionati e adeguati al raggiungimento di altrettanto determinati obiettivi generali inerenti la missione sportiva che giustifica l’esercizio dei poteri regolatori delle federazioni e la loro struttura piramidale (quali quelli stabiliti dall’art. 165 del TFEU, ispirati alla promozione di competizioni aperte basate sul merito sportivo e al perseguimento di risultati finanziari solidaristici verso i livelli più bassi e giovanili dello sport). Inoltre, la sentenza chiarisce che il diritto/potere esclusivo normalmente assegnato alle federazioni sportive di commercializzare i diritti audiovisivi dei campionati (escludendo quindi tale possibilità per le squadre e i giocatori) è da ritenersi anticoncorrenziale e quindi vietato, a meno che le parti interessate a farlo valere non riescano dimostrare, caso per caso, che tale assegnazione genera efficienze e benefici qualitativi o economici a vantaggio anche della comunità sportiva e dei fruitori finali (inclusi i consumatori/spettatori di eventi sportivi) che più che compensino gli effetti anticoncorrenziali".

Cosa può essere rivoluzionario in questa sentenza e cosa no?

"In punta di diritto non vi è nulla di veramente rivoluzionario. Essa si fonda su principi generali in materia antitrust perfettamente in linea con quelli stabiliti dalla giurisprudenza degli ultimi 20 anni e più. Tuttavia, ha il pregio di mettere chiarezza in relazione a una questione che non era mai stata posta in modo così preciso e cogente in materia di poteri delle federazioni sportive e ciò comporterà l’obbligo per le federazioni sportive (in particolare per la UEFA e FIFA, ma non solo) di dotarsi di criteri pubblici e trasparenti aventi le suddette caratteristiche, a cui le federazioni dovranno attenersi strettamente per poter esercitare legittimamente i propri poteri regolatori. Inoltre, una legge nazionale che preveda di diritto l’assegnazione alle federazioni sportive dell’esclusiva di commercializzazione delle competizioni (come la Legge Melandri) non sembra compatibile con i principi espressi nella sentenza e potrebbe quindi richiedere una modifica".

Come può impattare l’industria dell’organizzazione delle federazioni sportive, la regolamentazione dello sport, la commercializzazione dei diritti media delle partite?

"Quanto detto sopra comporta a sua volta che le squadre e gli atleti avranno maggiori possibilità di organizzare e proporre modelli di competizioni alternativi a quelli stabiliti dalle federazioni sportive ufficiali (i.e. riconosciute dal COI), a patto che si attengano a detti criteri. In pratica, si può prevedere che i punti di chiarimento forniti dalla sentenza consentano un ribilanciamento dei poteri tra federazioni e squadre e giocatori membri nel decidere l’assetto organizzativo e la distribuzione delle risorse economiche delle competizioni. Le maggiori opzioni di organizzazione e commercializzazione di eventi sportivi da parte delle squadre e degli atleti dovrebbero consegnare loro un maggiore forza negoziale nei confronti delle federazioni".

Perché si parla di «Abuso di posizione dominante da UEFA e FIFA»?

"Perché la UEFA e la FIFA, oltre che essere organi di regolamentazione del football su delega del COI, esercitano un’attività economica da cui ricavano dei proventi (principalmente attraverso la commercializzazione dei diritti audiovisi dei campionati) e perciò sono qualificabili come “imprese” (in senso ampio) a cui si applicano le regole del diritto della concorrenza (o antitrust), che puniscono appunto l’abuso di posizioni dominanti e le intese anticoncorrenziali tra imprese. UEFA e FIFA, come in linea di principio tutte le federazioni sportive ufficiali, sono ritenute “imprese dominanti” nei mercati relativi alla commercializzazione dei diritti dei campionati che organizzano proprio per via delle regole che assegnano ad esse il diritto esclusivo di regolare e commercializzare le competizioni".

Chi rischia di più adesso tra FIFA, UEFA e club?

"Questa sentenza non stabilisce sanzioni e rimanda al giudice nazionale presso cui è nata la causa (ovvero una Tribunale di Madrid) il compito di stabilire delle conclusioni specifiche sulla base dei principi guida enunciati dalla Corte di Giustizia. Ad ogni modo, è escluso che i club e i giocatori partecipanti al progetto Superlega rischino alcuna sanzione dalla UEFA/FIFA per avere lanciato il progetto originario, proprio perché in quel momento la UEFA e la FIFA non avevano ancora stabilito i criteri richiesti dalla sentenza per l’esercizio dei poteri di pre-approvazione e sanzionatori. Di contro, se la UEFA/FIFA non adottassero i criteri richiesti e annunciassero nuovamente sanzioni o divieti rispetto all’organizzazione di campionati alternativi rischierebbero sicuramente delle sanzioni e anche azioni di risarcimento da parte di club interessati. Mi risulta che la FIFA e la UEFA abbiano anticipato quanto stabilito dalla sentenza dotandosi dei criteri con le caratteristiche richieste, che immagino renderanno presto pubblici. Perciò non si prevedono conseguenze immediate neanche per la UEFA/FIFA, a meno che non rispettino i criteri o stabiliscano dei criteri sproporzionati, imprecisi o non oggettivi, o li applichino in modo discriminatorio in futuro".

Quando e come potrebbe nascere la Superlega a livello di tempistiche? 

"Da quanto illustrato sopra discende che il progetto originario della Superlega non è necessariamente lecito e potrebbe nuovamente e legittimamente essere vietato dalla UEFA/FIFA se riproposto. Questo perché i criteri a cui la UEFA/FIFA dovranno attenersi per esercitare il potere di pre-approvazione (e sanzionatorio in caso di violazione dello stesso da parte delle squadre/giocatori) possono stabilire, ad esempio, che le competizioni devono essere aperte e che l’accesso ad essere debba essere basato esclusivamente sul merito sportivo conquistato sul campo. Il progetto originario della Superlega non era conforme a questi criteri, perché prevedeva membri permanenti e una spartizione dei proventi in buona parte riservati ad essi indipendentemente dai risultati sportivi nel campionato. Se però, come sembra, la Superlega riproponesse un progetto diverso e che rispettasse questi requisiti, il relativo campionato potrebbe essere approvato e partire non appena tecnicamente possibile per le squadre partecipanti, previa organizzazione di un calendario che sia compatibile con quello delle competizioni ufficiali della UEFA/FIFA. È tuttavia probabile che proprio su quest’ultimo elemento si possano concentrare le maggiori complicazioni, lungaggini e controversie tra UEFA/FIFA relativamente alla fattibilità e sostenibilità sportiva ed economica del progetto".  

Il danno è soprattutto per le "piccole" del calcio?

"Non direi. Al contrario, e in teoria, i chiarimenti forniti dalla sentenza aprono appunto a nuove possibilità che possono avvantaggiare e aumentare la forza negoziale anche delle piccole. Tuttavia, è prevedibile che solo le squadre più organizzate e con maggiori risorse saranno in grado di guidare progetti alternativi di commercializzazione e quindi di esercitare una forza negoziale effettiva sulle federazioni".

Eventuali problemi potrebbero verificarsi anche per i vivai, le liste e i giovani?

"Come detto, la sentenza conferma che le federazioni sportive ufficiali e il modello europeo dello sport sancito dall’art. 165 TFEU dovrebbero perseguire un obiettivo di distribuzione solidaristica delle risorse economiche dei campionati verso i livelli più bassi e giovanili dello sport. È prevedibile che la UEFA e la FIFA incorporeranno questi obiettivi nei criteri di esercizio dei loro poteri proprio per tutelare questo modello sportivo e impedire che campionati alternativi possano nascere a precipuo vantaggio delle squadre già più “ricche” e blasonate. Ogni progetto alternativo, compreso quello della Superlega, dovrà probabilmente stabilire con precisione un modello distributivo dei proventi che si dimostri conforme con questo principio solidaristico per potere essere approvato dalla UEFA e FIFA".

Francesco Di Pasquale

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