L’Italia del tennis ha riconquistato la Coppa Davis dopo quarantasette anni. Il principale artefice di questo successo è Jannik Sinner
Nel 1976 il leader e trascinatore della Nazionale di tennis che conquistò la prima Coppa Davis della storia fu Adriano Panatta. Quasi mezzo secolo dopo è toccato a Jannik Sinner indossare i panni del principale protagonista e artefice del trionfo azzurro in quel di Malaga.
Un ruolo che il ventiduenne di San Candido ha interpretato alla grande e che anzi spera di poter ripetere nei prossimi anni. L’Italia ha una squadra fortissima e soprattutto molto giovane: stavolta ci sono tutti i presupposti affinché il trionfo del 2023 non sia un caso isolato. Se poi dovessimo ritrovare anche il miglior Berrettini, gli azzurri avrebbero le carte in regola per rivincere in tempi brevi l’agognata Insalatiera d’Argento
Lo straordinario trionfo di Malaga non è bastato però a placare i critici più accesi e integerrimi. Non sono stati sufficienti a Sinner i tre match point annullati a Djokovic nel corso della semifinale contro la Serbia e la disarmante facilità con cui ha superato l’Australia nel match che ha deciso l’assegnazione della Coppa Davis.
La sua decisione di non prendere parte alla fase di qualificazione svoltasi a Bologna la scorsa primavera non è stata digerita da alcuni ex giocatori italiani ed editorialisti dei quotidiani sportivi che hanno accusato il talento altoatesino di scarso attaccamento alla maglia azzurra. Una critica che lo stesso Sinner ha saputo smentire alla grande.
Il trionfo di Malaga però non è bastato ad Omar Camporese per rivedere i suoi giudizi sul giovane campione di San Candido: “Capisco che su 365 giorni all’anno uno abbia bisogno di prendere una pausa, però non durante la Coppa Davis perché è l’unica manifestazione in cui si gioca per il proprio Paese“.
“Quindi è giusto – sottolinea Camporese in un’intervista rilasciata a ‘Fanpage’ – che uno debba giocare per la sua nazione, ma per rispetto di tutti: per rispetto del giocatore, dei suoi compagni, dei suoi fan e dei tifosi italiani. Dev’essere obbligatorio giocare per l’Italia. Se fosse successo a noi di rinunciare ci avrebbero dato trent’anni di galera”.
Dichiarazioni molto forti, in buona parte anche discutibili e soprattutto ingiuste nei confronti di un giovane straordinario talento che non si è mai tirato indietro nei momenti che contavano. E Malaga ne è stato l’esempio più lampante.
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