Pochi giorni fa, Giorgio Chiellini ha annunciato il suo addio al calcio giocato al termine della finale di MLS tra il "suo" Lo Angeles FC e il Colombus Crew, con quest'ultima squadra che avuto la meglio per 2-1.
Molto importante e prestigioso è stato il percorso del giocatore classe 1984, che lo ha visto trionfare per tanti anni con la maglia della Juventus nonché con la Nazionale in occasioni degli Europei 2020. Senza dimenticare le esperienze altrettanto importanti con le maglie di Livorno e Fiorentina.
Sportitalia.com ha contattato in esclusiva Paolo Berrettini, allenatore di Chiellini ai tempi dell’Italia Under 19, ovvero in quella squadra che nel 2003 vinse i campionati Europei di categoria nella finale di Vaduz.
Esordisce così il tecnico: "Era una squadra che avevo costruito nel tempo, per vincere ci vogliono le difese più forti. Avevo di fatto tutti giocatori provenienti dalle big, andai a vedere il Livorno che in quegli anni giocava in Serie C e così vidi Chiellini: era ben strutturato e mi fece un’ottima impressione. Prima di quell’Europeo avevamo fatto un torneo a Parigi e ci seguiva anche Ottavio Bianchi, il quale mi disse: "Mister, ma perché si ostina a chiamare ancora Chiellini?", io risposi: "Fino a quando sarò io l’allenatore lo chiamerò sempre". Va anche detto che fisicamente era messo già bene, ma da un punto di vista tecnico lasciava a desiderare. Venendo agli Europei, anche se non convinceva troppo come modulo, giocavo col 3-5-2. Alla prima partita incontrammo il Portogallo e pareggiammo 1-1 sul rotto della cuffia. Poi in finale incontrammo proprio i lusitani e io, viste le difficoltà nell’altra partita, passai al 4-4-2 mettendo Chiellini, che fino a quel momento aveva sempre giocato al centro della difesa, esterno alto sinistro. Ebbene, quella sera fu devastante, i gol di Pazzini e della Rocca erano nati proprio da lui".
Cosa ricorda di quella sera?
"La grande euforia al fischio finale, i ragazzi prima mi sollevarono in trionfo e poi facemmo mucchio. E qui c’è un aneddoto: quando anche Chiellini mi saltò addosso, questo per farti capire quanto già era bene strutturato, caddi per terra e mi ruppi tre costole (ride, ndr). Ricordo anche che, sempre per lui, c’erano anche osservatori di alcune squadre inglesi tra cui l'Arsenal. E c'è una cosa che voglio dire".
Prego.
"Io non voglio avere dei meriti. Ma se non fossi andato di persona a vederlo a Livorno, non so quale percorso avrebbe fatto. Mi spiego: probabilmente sarebbe stato lo stesso, ma l’averlo portato con la Nazionale giovanile è stato molto importante per lui perché ha avuto l’opportunità di mettersi in luce sin da ragazzino e di diventare determinante già a 18 anni".
A proposito, che ragazzo era Chiellini?
"Intanto un ragazzo molto intelligente, guarda caso anche dopo ha sì giocato a calcio ad alti livelli ma è riuscito a studiare e a prendere due lauree. La sua serietà era sotto gli occhi di tutti: doveva migliorare e infatti si applicava tantissimo, inoltre era un allenatore in campo ma al contempo sempre positivo e sorridente con tutti i compagni di squadra. Poi giocando con una Juventus fortissima che in rosa contava calciatori ben affermati, ha avuto la possibilità di crescere sempre di più".
È ancora in contatto con lui?
"Un anno e mezzo fa, prima di partire per gli USA, mi ha regalato una sua maglia della Juve. Quando era in Italia ci sentivamo molto spesso. Ora non so quale sarà il suo prossimo percorso, ma in gamba e intelligente com'è, farà benissimo".
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