A distanza di anni fa ancora discutere la scelta di Schumacher di tornare a correre in Mercedes e dopo il suo primo ritiro
Michael Schumacher, inevitabilmente, uno dei piloti che più di tutti hanno segnato la storia dell’automobilismo e della Formula 1. Dagli esordi in Jordan ai primi trionfi in Benetton, fino ad arrivare all’epoca d’oro in Ferrari.
Un totale di 7 titoli Mondiali e 95 vittorie compongono un palmares che lo eleggerà per sempre nell’olimpo dei più forti di tutti i tempi.
2010: la scelta rischiosa di tornare a correre in Mercedes
Nel 2006 Schumacher annunciò al mondo il suo ritiro dalle corse, per poi tornare sui suoi passi e rimettersi casco e tuta, nel 2010, al volante della Mercedes. Il kaiser di Hurth rimase al volante del team tedesco per tre anni, collezionando più delusioni che gioie: un podio a Valencia nel 2012 il suo miglior risultato, a cui va aggiunta una pole position, sempre nel 2012, conquistata a Monaco.
Tanti, ancora oggi, sostengono che Schumacher avrebbe commesso un errore “imperdonabile” nel decidere di tornare a correre con una scuderia ancora in fase di rodaggio, sicuramente ben lontana da chi in quel momento dominava il Mondiale di Formula 1 e dai risultati che le stelle d’argento avrebbero ottenuto negli anni a seguire con Lewis Hamilton.
Un epilogo non all’altezza, sostiene l’opinione pubblica, di una carriera come quella di Schumacher che ha saputo coinvolgere ed emozionare migliaia di appassionati. Italiani e ferraristi in primis.
Haug: Schumi fece il possibile e dimostrò di essere ancora un grande
Oggi, a distanza di anni, a prendere le difese di Schumacher, della sua scelta di tornare a correre e dei suoi risultati non proprio esaltanti al volante della Mercedes è il team principal della scuderia tedesca di quegli anni, il manager Norbert Haug.
Secondo Haug il giudizio sul triennio vissuto da Schumacher al volante della Mercedes deve essere comunque positivo. Innanzitutto, Haug sottolinea il suo spirito combattivo e la sua fame di competizione, a cui vanno aggiunte le difficoltà di una monoposto ancora troppo in fase di rodaggio per esaltare le caratteristiche di qualsiasi pilota, Schumacher in primis.
All’interno di un’intervista ripresa da formulapassion.it, Haug ha sottolineato: “Ho sentito tante persone dire che all’epoca Michale non era più quello di una volta, ma lo era certamente. Innanzitutto non conosceva le gomme, prima di allora aveva usato solo pneumatici scanalati e in più anche il fornitore era diverso rispetto agli anni in cui aveva corso lui, visto che eravamo passati da Bridgestone a Pirelli. Ha dovuto adattarsi per la prima volta in carriera alle gomme slick”.
Come detto, tra i pochi acuti di Schumacher durante i tre anni vissuti in Mercedes c’è stata senza dubbio la pole position ottenuta a Monaco, nel 2012. Sempre Haug ricorda quell’impresa con queste parole: “In quei tre anni Michael ha dato segno della sua grandezza in un paio di occasioni, tra queste come non ricordare la pole position nel gran premio di Monte Carlo nel 2012. Una pole purtroppo sminuita in ottica gara dalle 5 posizioni di penalizzazione inflitti dalla direzione corsa per la sostituzione del cambio. Monaco è la madre di tutte le piste e se è stato in grado di ottenere la pole position, con quella macchina, vuol dire che non aveva perso nulla delle sue capacità“