La teoria del tutto di Allegri, quel Napoli che è sparito per sempre. I pericoli veri per l’Inter

La teoria del tutto di Allegri si sta sublimando in questa stagione. La sua filosofia del corto muso sta arrivando al parossismo e abbracciando totalmente la propria essenza, con i tifosi rassegnati e sconsolati dalle maledizioni europee che finalmente accolgono in toto una maniera di essere che non apprezzano ma che li fa gioire come mai gli era capitato negli ultimi tre anni.

Quest’anno il corto muso è regola francescana, non è conseguenza ma obiettivo: non perché Allegri si svegli con la volontà di vincere corto, ma proprio perché si fida così poco di quanto può fare con questa rosa (a torto) da non voler rischiare di vincere largo per non rischiare di rilassarsi in campo.

Adesso Allegri, i giocatori, la Juventus, i tifosi, godono del corto muso. Perché un conto è farlo quando avevi l’ambizione della Champions, altro quando al giocarti il campionato non ci avevi più sparato.

Anche contro il Napoli lo schema è stato classico: stavolta l’unica variabile sul tema è stata che la Juve non ha approcciato bene la partita, ricacciata indietro da un Napoli rinvigorito, e costretta a ripiegarsi. Ma anche così, ha fatto 1 solo errore grave, è stata graziata, e in generale poi si è organizzata per concedere molto poco. E così è stato, nell’attesa che Chiesa squilibrasse la partita come sempre fa. Ed è stato di nuovo così, di nuovo con un calcio piazzato (primatista in Italia), e 5 minuti di gioco e 20 minuti di governo sono stati sufficienti perché bastassero per tutto il resto della partita.

Forse, la realtà è che in una stagione dove l’Inter è l’unica grande che gioca bene su ben 8 squadre d’élite, una Juventus così sottoritmo ma ordinata può essere sufficiente per il secondo posto, almeno. E forse anche per lo scudetto…

Il Napoli nel frattempo ha una dura presa di coscienza. Perché in verità ha un buon primo tempo, continua a progredire, Mazzarri fa quel che può e certo non gli si può imputare di aver perso 3 partite su 4. Ma il problema è un altro, e me ne sono reso conto vedendo dal vivo la seconda partita su quattro di Mazzarri.

Il problema è che quel Napoli dell’anno scorso è sparito per sempre. E per carità tutti sapevano sarebbe stato irripetibile. Ma la questione è che tolte un paio di eccellenze, tutti gli altri sono ripiombati in una buona normalità che sembra essere la loro dimensione. A Torino ho visto praticamente ogni giocatore del Napoli, escluso Osimhen, fare sempre piccole scelte sbagliate nelle loro azioni. Una pallone tenuto troppo, un dribbling in più, una scelta di direzione sbagliata, una staticità nel non muoversi. Insomma, un Napoli diventato banale anche quando gioca all’altezza, come nel Primo Tempo. Rimane solo la differenza di Osimhen, mentre Kvaratskhelia che pure è l’unico capace di squilibrare il gioco, eppure lui più di tutti sta fallendo nel decision making, pensando sempre troppo alla giocata e perdendo autostima, il che è la ragione del suo clamoroso gol ciccato. Il Napoli tornerà a essere competitivo, ma quell’incantesimo là è finito, e gli 11 uomini che volavano potranno correre veloci ma non voleranno più.

L’Inter oggi proverà a tornare in testa ma deve aver chiaro adesso il pericolo: quello di essere la migliore. Perché anche così, sabato sera nella migliore delle ipotesi il vantaggio sulla Juventus sarà di solo 2 punti, e sennò alla pari o sotto. Se la propria versione migliore non è bastata a scavare un vallo come invece fece il Napoli di Spalletti, vuol dire che la Juventus è avversario credibile e pericoloso. E dunque l’Inter deve stare attenta a sentirsi bella: per rimanere avanti serviranno anche doti di sofferenza da scudetto, e dunque meglio prepararsi mentalmente.

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