Il giochino è stato smascherato. Gli amici di Massimiliano Allegri hanno voluto parlare di Conte per proteggere il lavoro dell’allenatore del cuore. Qualcuno si è accodato parlando di un accordo raggiunto con Antonio, fake-news con pochi precedenti. Conte non ha un accordo con la Juve: sarebbe assurdo pensarlo, figuriamoci scriverlo e raccontarlo in radio o in tv, difficilmente lo avrà. Anche se la prossima primavera la Juventus decidesse di ripartire da un altro allenatore, interrompendo il rapporto con Max in scadenza nel giugno del 2025. Gli alleati di Allegri si sono scatenati per tutelare il suo lavoro, qualcuno ha abboccato ed è andato oltre, la domanda sarebbe: perché lo hanno fatto? Perché ritengono che il lavoro di quest’anno vada tutelato e non possiamo dargli torto. Allegri ha un’altra serenità, un altro modo di vedere le cose, ha lasciato a casa il nervosismo, le sue conferenze stampa sono soft, tranquille e prive di cianuro. Un concetto va ribadito, la nuova gestione con Giuntoli al timone ha trasmesso ciò che mancava prima, spremute di autostima. Poi, se vogliono un gioco spettacolare, avvolgente e coinvolgente, la musica non può cambiare due anni e mezzo dopo. Ci sono quelli – acrobati social prestati al giornalismo – che dopo un premio assegnato per il mese di novembre ad Allegri invocano scuse da presentare a Max. Scuse per cosa? È in sella da luglio 2021, bisognerebbe chiedere scusa a chi è costretto a sorbirsi simili considerazioni. Alla terza stagione di Juve, uno dei club più prestigiosi al mondo, Allegri deve portare a casa un titolo perché non sarebbe ammissibile restare con la bacheca completamente vuota dopo 36 mesi in carica. E non basterebbe la “semplice” partecipazione alla prossima Champions. Ma questo Allegri è un altro, gli va riconosciuto per onestà e non bisogna sempre sparare sul pianista. Gli spot a favore di Conte, con qualcuno che ha venduto accordi falsi, non hanno fatto altro che rafforzare la sua posizione.
Il Milan ha già seminato per il futuro: fatta per l’attaccante 2006 Popovic, com’è noto dallo scorso 16 novembre, quasi fatta per il terzino sinistro Miranda (altra pista rafforzata un paio di settimane fa), pressing per Ouèdraogo con probabile vista sulla prossima estate. Ora c’è bisogno di mettere subito una marcia alta, altissima, per il difensore centrale. Se fosse Kiwior, sarebbe un discreto colpo. Se fosse un altro, andrebbe bene uguale, a patto di metterlo presto a disposizione di Pioli. Se ne arrivassero due, non sarebbe una soluzione malvagia, tenendo conto che Thiaw e Kalulu ne avranno per un po’. La minestra riscaldata Gabbia non sarebbe una strategia da società moderna come quella rossonera. Abbiamo anche ascoltato, 24 ore prima del suo gol più assist contro il Frosinone, qualche profezia andata male nei riguardi di Jovic. “Non segnerà mai con il Milan, se il Milan aspetta i suoi gol dovrà aspettare a lungo”, ha detto un profeta della Premier League che pensa di essere il depositario di qualsiasi verità. Il giorno dopo è stato “purgato” da Luka con gol più assist. Con questo non si intende dire che Jovic sia diventato all’improvviso un fenomeno, ma servirebbe soltanto un minimo di rispetto e di prudenza. E non è una sentenza per dire che al Milan non serva un attaccante, certo che serve, ma bisognava prenderlo ad agosto senza adesso mettere in croce Jovic che non può essere diventato Van Basten all’improvviso. Il discorso è anche un altro: se ti presenti a gennaio, anche con un assegno cospicuo, non è detto che ti aprano la porta. È la storia del mercato, con le dovute eccezioni certo, ma non è scontato che vengano stravolte nell’anno di grazia (ormai in arrivo) 2024.
Una brevissima considerazione sul Var. Gli episodi di Napoli-Inter faranno discutere e ognuno può pensarla come ritiene. Ma qui il problema, da anni, non è Massa e neanche altri arbitri nettamente inferiori – in qualche caso assolutamente inadeguati – dal punto di vista tecnico. Il problema è che il Var è diventato uno strumento ad personam: non esiste il protocollo, meglio ancora il protocollo è ad personam. Nessuno ha capito, e mai capirà, quando deve intervenire l’arbitro e quando no; quando la decisione è dell’arbitro oppure no; quando bisogna fermarsi in attesa di un aiutino e quando no. Siamo dentro un oceano fatto di mille contraddizioni e diecimila incongruenze. Il bello (il brutto) è che a tutti sta bene così e che nessuno si batte per un criterio che abbia l’abc dell’uniformità. È come se una bilancia desse un risultato nettamente diverso sullo stesso oggetto che pesa 100 in un caso e 180 in un altro, insopportabile. La stessa disparità notata nel caso del Fair Play Finanziario che ha fatto figli e figliastri su questioni che andavano trattate allo stesso modo: invece no, qualcuno è stato stangato e qualche altro salvato. E ancora parlano del Var…
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