Gli esteti del calcio si sono scandalizzati per lo spettacolo non indimenticabile di Juventus-Inter. Come se fossero reduci da settimane, mesi, di inenarrabili recite nel segno dello show. Hanno dato 5 ad Allegri e Inzaghi, ma sono due anni e mezzo che Max gioca così, gli sono rimasti soltanto due difensori mediatici (uno si occupa di ballo e dintorni). Cosa avrebbe dovuto fare Simone Inzaghi, giocare tutta la partita all’attacco per rischiare di essere infilzato in contropiede? Avrebbe fatto la fine del pollo, quindi lo spiedo “no, grazie, lasciamolo agli altri che io non ci casco”. Se l’Inter ci avesse messo il 30 per cento del coraggio in più, soprattutto nel secondo tempo, avrebbe potuto incassare il jolly. Ma sono discorsi difficili a fine novembre quando la classifica è ottima e correre mezzo rischio in più non ha senso.
C’è ancora chi scrive della differenza con Premier, Liga e Bundesliga: lo hanno scoperto domenica? Giornalismo vecchio, stravecchio. Piuttosto ha colpito la modalità del gol incassati dalla Juve, con Gatti che ci ha capito zero sul movimento di Lautaro, molto grave per un difensore centrale. Appunti per il mercato? Intanto, uno su Vlahovic: impossibile pensare che debba giocarne una da titolare per consumarne altre quattro in panchina. E poi un altro più in generale: l’Inter a gennaio può restare così com’è, la Juve un centrocampista almeno lo deve prendere come l’aria per respirare. Con tutto il rispetto possibile e immaginabile per il rampante Nicolussi Caviglia.
Nei giorni scorsi Antonio Conte, pur senza nominare la Juve, ha parlato del desiderio di un nuovo matrimonio. Insomma, si risposerebbe molto volentieri. E non c’è bisogno di un interprete per capire che Conte farebbe di tutto o di più per tornare sulla panchina bianconera. Certo, ci sarebbe da discutere sull’opportunità o meno di proporsi pubblicamente a fine novembre, con un suo collega (Allegri) titolare di un contratto fino al 30 giugno 2025: come l’avrebbe presa Conte se qualcuno avesse fatto le stesse dichiarazioni con lui in carica? Malissimo, immaginiamo, però il mondo va così. C’è chi addirittura parla di accordi raggiunti a partire dalla prossima stagione (nulla di vero, eppure in tanti si accodano) gli stessi che avevano mandato Conte con certezza alla Roma, si tira a indovinare. Ma possiamo mettere un po’ di ordine: il desiderio di Conte è legittimo, si sente bianconero al 100 per cento, e davvero possiamo dire che se dipendesse da lui avrebbe già scelto. Ma siccome i (nuovi) matrimoni si fanno in due, possiamo tranquillamente aggiungere che oggi è molto difficile pensare a un ritorno di Conte alla Juve. Siccome siamo a fine novembre, preferiamo dire molto difficile – è sempre giusto parlare prima e non dopo – senza andare oltre. Ecco se oggi la Juve è la prima scelta di Conte, non possiamo dire che per la Juve sia la stessa cosa. La prossima estate Allegri avrebbe un altro anno di contratto, possibile che il rapporto possa finire ma è tutto da verificare e dipenderà anche dall’esito di questa stagione. Ma se la Juve dovesse cambiare avrebbe in testa altri profili, per esempio quelli di Thiago Motta, Palladino o chissà chi, piuttosto che un nuovo ritorno al passato. Siamo appena a fine novembre, c’è tempo.
Proprio Motta ha detto molto chiaramente che il contratto non è la sua priorità e che non ha tutta questa fretta di firmare. Con buona pace di chi gli aveva messo un pennarello in mano con tanto di autografo. Può darsi che l’allenatore decida di prolungare per una stagione prima o dopo le feste natalizie, tanto per non lasciare il Bologna con il cerino in mano. Ma sarebbe una questione di rispetto, non la svolta assoluta. Semplicemente perché Thiago, inutile fare giri di parole, si sente pronto per il salto di qualità personale. Le sue squadre sono uno spettacolo di concretezza e rasentano la perfezione tattica, sanno stare in campo in modo ineccepibile, soprattutto giocano con la stessa mentalità qualsiasi tipo di partita. Se Thiago Motta avesse voluto, avrebbe lasciato Bologna la scorsa estate per firmare per il Napoli prima che si materializzasse Rudi Garcia. Disse di no perché non se la sentiva di esibirsi nella stagione post-scudetto e forse perché non riteneva De Laurentiis il presidente dei suoi sogni. A proposito di sogni, sarebbe andato di corsa al Paris Saint-Germain se non avessero scelto Luis Enrique. Motta sa di avere un grande estimatore in Giuntoli, esattamente come lo era l’Inter prima che Simone Inzaghi mettesse tutti a tacere con i fatti. E anche la Roma ha apprezzato il suo lavoro, impossibile pensare il contrario. Traduzione: per il momento massima concentrazione sul Bologna e su un lavoro da portare fino in fondo, ma non obbligatoriamente con la firma da mettere su un nuovo contratto. E se arrivasse una firma, sarebbe un optional: grande rispetto per il Bologna e gratitudine, ma anche con la possibilità di liberarsi per una chiamata di prestigio. Inevitabile.
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