“Quando non sarai più parte di me, ritaglierò dal tuo ricordo tante piccole stelle: allora il cielo sarà così bello che tutto il mondo si innamorerà della notte”. In una delle citazioni più struggenti di William Shakespeare, si consuma l’essenza del vero significato del perdersi. Quello che il Milan ha bisogno di valutare fino in fondo tra sè e Stefano Pioli, prima che sia notte, prima che sia troppo tardi. Si fa in fretta a scrivere #PioliOut: in fondo, è iniziato tutto esattamente così. E la ciclicità di questo amore è un altro segnale da cogliere, che non è finita qui: sembrava nulla, invece eccoci qua. Reggio Emilia, Casa Milan, il Duomo. Il sogno, la felicità, l’estasi. Doveva essere il 22 maggio per sempre nel cuore di tutti. Ma “per sempre” non esiste, se non nelle affinità elettive. E allora i Milanisti oggi guardano in panchina e vedono un problema. Forse perché non sanno guardare in loro stessi, prima che nel Mister. Questo 2023 fatto di derby persi e di sofferenze li ha portati al limite. Lì dove buttare tutto significherebbe liberazione. Ma dopo cosa c’è? Qualcuno se l’è chiesto? Dopo c’è quella notte da riempire di stelle e di ricordi. Che sarà meravigliosa e che incanterà gli altri. Ma incanterà solo gli altri, non chi in quella notte piangerà perché è finito tutto. E l’alba sembrerà non arrivare mai, fino a quando effettivamente, a giugno, un altro sole non potrà sorgere lecitamente. Sperando che sia quello giusto. E non è nemmeno detto che sia così.
Stefano Pioli sempre e comunque dunque, seppur non sia esente da colpe. Ma chissà poi se sono davvero quelle sulla bocca di tutti. Gli rinfacciano la difesa alta, troppo. E invece, pensate, la vera responsabilità di Pioli potrebbe essere proprio quella di pentirsi. Di piegarsi troppo facilmente al pensiero unico. Di aver perso la voglia di rischiare, di sbagliare, di non prendersi qualche vantaggio mettendo in conto di perdere tutto. Il coraggio delle idee. Le grandi imprese nascono proprio così. E chi pensa di tenere i due centrali 20 metri più indietro perché “così non ci faremo male”, non sa cosa significhi vivere. Perché il calcio ti stanerà lo stesso, le difficoltà verranno a bussare ugualmente alla tua porta. E tu sarai più debole, 20 metri più indietro di ciò che dovresti essere. E verrai schiacciato con maggior facilità e maggior dolore.
Se la scorsa settimana abbiamo ripreso Dostoevskij e la bellezza che salverà il Mondo, è normale chiedersi chi o cosa salverà questo Milan malato, capace di mostrarsi stupendo per 45 minuti e terribile per gli altri 45. E la risposta forse è già tutta qui: solo l’Amore può salvarlo. E l’Amore è quello che non vede 45+45, ma vede 90 e basta. Che pieno negli occhi di ciò che funziona, trova la forza di sfidare ciò che non va. Che pensa che la parte malata di sè, non sia da sradicare, perché componente silente ma in vita anche quando tutto va bene. E allora tentare di soffocare a tutti i costi il male, potrebbe uccidere anche il bene. L’Amore è ciò che deve portare tutti, da Giorgio Furlani all’ultimo dei tifosi, passando per il Mister, il Capitano, Theo e Rafa, così vicini così lontani, a immaginare qualcosa insieme oltre quel muro che oggi sembra sbarrare ogni strada. Avere in testa la stessa cosa, precisa nei dettagli, non è possibile. Viverla senza paure, senza timore di come andrà o dove si può finire, nemmeno. Ma meglio immaginarsi allo sbaraglio della vita oltre il PSG di martedì prossimo, che carcerati in una comfort zone apparente di qualche risultato a metà, come animali in cattività che vivono, a volte anche felici, le loro giornate a metà, in uno zoo. Siamo bestie? Comportiamoci da tali, liberi, senza paura. Come quando prendi il pallone nella tua area e spacchi il campo in due per andare a segnare dall’altra parte, in uno dei pomeriggi più belli della nostra vita. Ti ricordi come si faceva Theo? Vai e rendici di nuovo orgogliosi. Il nostro cuore non è mai cambiato. E il tuo, anche tra i tuoi sbalzi d’umore e questa fastidiosa discontinuità che ci turba le giornate… nonostante tutto, ne siamo sicuri, batte solo per noi. Situazione focalizzata, problemi chiari, sentimenti pure: usciamo insieme? Aspettiamo una risposta. Presto, che è già tardi. In campo.