ESCLUSIVA SI L’ex Chievo Burruchaga: “Italia, sono pronto: voglio un’altra chance”

Dal cognome 'pesante' (suo padre Jorge segnò il gol decisivo nella finale del Mondiale vinto dall'Argentina nel 1986) alla prima, breve esperienza in Italia, al Chievo, nel 2018/2019: Mauro Burruchaga si racconta in esclusiva ai microfoni di SPORTITALIA, raccontando soprattutto la sua voglia di far vedere davvero quanto vale in Europa, oggi che ha 25 anni ed una diversa maturità. 

Burruchaga è rappresentato dalla Football Player Agency dell'agente Vittorio Schettino che rappresenta, fra gli altri anche Ezequiel Schelotto, rientrato anche lui in Italia di recente, al Barletta.

Mauro, ci parli un po' del tuo ruolo e di dove ti esprimi meglio in campo?

"Da tutta la vita gioco a centrocampo, ho fatto tanti anni da mediano e coperto altri ruoli in mezzo: mi trovo benissimo in tutte le posizioni, in tante squadre qua in Argentina si gioca con i due mediani, per esempio. Poi mi piace andare in area avversaria a fare gol".

Ci racconti come sei cresciuto al River Plate e di quando Gallardo ti convocò la prima volta nel 2018?

"Ero negli allievi, che da noi si chiamano "inferiores" e il mister mi ha convocato, a riprova del fatto che quell'anno stavo facendo bene, una bella emozione. Rimasi dal 2009 al 2018, in quella che per molti è la miglior "cantera" del Paese"

I talenti arrivati da lì non mancano…

"Oggi tanti che giocavano con me sono nelle migliori squadre in Europa. Penso a Julian Alvarez, Lucas Beltran ed Exequiel Palacios con i quali sono cresciuto. Essere chiamato da Gallardo in prima squadra in quegli anni è stato il coronamento dei sogni di una vita".

Fra qualche mese il tuo contratto scadrà: ti piacerebbe fare ritorno in Italia? 

"Tutti in Argentina sognano di giocare in Italia, in Spagna ed in tutti i paesi dell'Europa, quindi mi farebbe piacere tornare, senz'altro. Amo l'Italia, mi piaceva vivere lì e la cultura del vostro Paese, tutti gli argentini si trovano molto bene lì".

Che ricordo hai dell'Italia?

"Ricordo soprattutto l'alto livello professionale che raggiungevano gli allenamenti, la quotidianità del lavoro programmato giorno per giorno, la dieta, gli esercizi mirati. La vita all'interno dello spogliatoio era molto sera, di alto livello. Questo aspetto mi è piaciuto tanto. Anche a Verona come città mi trovavo molto bene".

Cosa non funzionò?

"Non so se mi sia stata dato la possibilità di giocare ed esprimermi per davvero, essendo stata una breve esperienza: ho giocato molto bene, ma poco. Quindi quella 'spina' mi è rimasta: voglio una seconda opportunità in Italia e credo che farei molto bene".

Il cognome che porti, ti ha mai pesato?

"No, affatto. Ci sono nato con il cognome Burruchaga, lo porto benissimo: per me è come avere un qualsiasi altro cognome e seguo la mia strada, senza pressioni".

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