Non poco "movimentata" è stata, sotto un profilo di notizie, questa sosta del campionato per gli impegni delle Nazionali. È infatti scoppiato, un nuovo filone legato alle scommesse effettuate da alcuni giocatori. Tale pratica è infatti espressamente vietata dall’art. 24 della FIGC, che così recita: "L’ordinamento federale fa espresso divieto ai calciatori ed ai tesserati in genere di effettuare qualsiasi tipo di scommessa al fine di trarne profitto. Questo anche in una prospettiva di garanzia del regolare svolgimento delle gare e dei campionati".
Uno dei protagonisti di questa brutta vicenda è l'ex re dei paparazzi Fabrizio Corona il quale, tramite dirette sui social, ha diffuso i nomi di alcuni giocatori affetti dalla ludopatia. Tra questi ci sono i centrocampisti Nicolò Fagioli, 22 anni e in forza alla Juventus, e Sandro Tonali, classe 2000 e il quale in estate ha lasciato il Milan per trasferirsi al Newcastle.
Sportitalia.com ha contattato in esclusiva Roberto Franzini, a lungo responsabile del Settore Giovanile del Piacenza. Durante il suo percorso in biancorosso ha avuto modo di conoscere e di veder crescere da vicino sia Tonali, scoperto peraltro proprio da lui, e Fagioli. Già, perché entrambi i giocatori in questione hanno giocato da bambini nel vivaio del club emiliano.
Esordisce così Franzini: "La mia mansione principale era seguire questi ragazzini, non tanto dal punto di vista tecnico ma sotto un profilo comportamentale: dovevano essere disciplinati ed educati con gli altri. Del resto la serietà si deve acquisire da subito. Quando uscivamo dagli spogliatoi non c'era per terra nemmeno una bottiglietta d’acqua vuota o un cerotto".
E tra questi bambini c'erano appunto anche Fagioli e Tonali, per i quali lei è stato un punto di riferimento.
"Hanno fatto una cavolata e hanno sbagliato, su questo voglio essere chiaro sin da subito. Ma mediaticamente sono stati messi alla gogna come due criminali. Sono ragazzi di 22 e 23 anni, queste sciocchezze si fanno proprio da ragazzi. Da quello che sappiamo finora, scommettevano. Che è un errore in quanto è vietato dal regolamento, quindi ribadisco quello che ho detto prima. Ma mi chiedo anche: se giochi nella Juve e fai una scommessa su una partita del Manchester City o sul football americano, che danno puoi fare al calcio? Diverso sarebbe se avessero truccato delle partite o partecipato a delle combine, in quel caso sarei rimasto molto deluso".
Fagioli però si è autodenunciato.
"È dalla parte del torto dal momento che ha infranto le regole. Ma torniamo al discorso di prima: se ho giocato a poker o scommesso sul tennis, che male ho fatto al calcio? Che poi anche qui faccio una osservazione: io come dirigente non posso giocare alla SNAI ma posso invece giocare l’1, l’X e il 2 al totocalcio da un tabacchino? Concentrerei semmai l'attenzione sul fatto che, da quanto risulta, queste persone abbiano giocato su piattaforme illegali e quindi aver dato indirettamente soldi alla malavita. Voglio anche aggiungere una cosa".
Prego.
"Sia nel caso di Fagioli che in quello di Tonali parliamo di due persone colpite da una malattia, appunto la ludopatia. Quando uno entra in questi giri va seguito e aiutato, non mitragliato tutti i giorni sui giornali. Sono caduti in una malattia subdola e pericolosa, e lo è anche per chi guadagna tanti soldi".
Quale è stata la sua prima reazione quando è scoppiato il caso e ha letto i loro nomi?
"Sul momento ci sono rimasto di sasso, mi sono chiesto come fosse stato possibile che due ragazzi seri come loro fossero caduti in questo vortice e cosa gli fosse scattato. È giusto che paghino, ma è eccessivo quello che stanno subendo. In confronto allora chi ha venduto le partite dovrebbe essere messo su una sedia elettrica".
Lei segue tanti ragazzi da vicino. Come possono scattare questi meccanismi?
"Sono ragazzi che abbandonano la famiglia in giovanissima età e che spesso proseguono la propria crescita senza una guida di riferimento. E non possono essere i procuratori. Senza fare di tutta l'erba un fascio, ma di loro uno su dieci ti segue come un figlio o un nipote: il primo interesse sono i soldi".
Che è quello che, seppur indirettamente, ha detto qualche giorno fa il padre di Fagioli.
"E sono d’accordo con lui. Ma guarda anche la differenza con il passato: prima per fare il procuratore dovevi avere una laurea in giurisprudenza e anche fare una serie di corsi ed esami. Adesso invece bastano quattro lezioni su internet per diventare agente".
C'è quindi un problema che sta alla radice.
"Proprio così, si tratta di un qualcosa che parte da lontano. Questi ragazzi giovani vengono catapultati in realtà complicate senza una figura che gli spieghi e gli aiuti nel nuovo percorso. I genitori non li hanno più sott’occhio. La maggior parte delle volte sono abbandonati nei collegi a loro stessi. Certo, poi tra compagni di squadra si fa gruppo e amicizia, ma non è la stessa cosa. Specie adesso che vivono costantemente con tablet e cellulari tra le mani. Te ne dico una: quando lavoravo nel Piacenza, monitoravo sempre il rendimento scolastico dei ragazzi, se non studiavano rimanevano fuori dalla partita e stavano a casa studiare. Inoltre, parlavo sempre con loro e gli dicevo che se c’era qualcosa che non andava o che li turbava, di dirmelo senza problemi".
A livello individuale, che ricordo ha di Fagioli e Tonali?
"Erano due bambini dolcissimi. Sandro (Tonali, ndr) viene da una famiglia umile e di lavoratori, di lui mi viene in mente la sua incredibile maturità: quando la domenica mattina eravamo in pullman per la partita, mentre gli altri bambini ridevano o si facevano gli scherzetti, lui era silenzioso perché focalizzato sulla gara, non vedeva l’ora di giocare. Mentre Nicolò (Fagioli, ndr) mi chiamava sempre, e le volte in cui allenavo i ragazzi un po’ più grandi, mi chiedeva sempre di poter venire alle partire per fare il guardalinee".
Se dovesse incontrarli in questo momento, cosa gli direbbe?
"Li abbraccerei e gli direi: “Non preoccupatevi che si risolve tutto”, cercherei di tranquillizzarli. E sono certo che da questa brutta storia e da questi errori ne usciranno ancora più forti, sono ragazzi abituati a lottare e che non mollano. Se vogliamo rovesciare la medaglia, è stata una occasione per affrontare questa malattia. Più in assoluto per lo sport, questa situazione potrebbe essere produttiva per analizzare il problema della ludopatia, molto frequente di cui si parla pochissimo".
Peraltro, tutto questo è emerso tramite delle dirette sui social di Fabrizio Corona.
"Bisogna farsi delle domande e riflettere. Ci stiamo riferendo a una persona che ha fatto successo con il ricatto. Mi auguro vivamente che tv e giornali non diano spazio a questi personaggi, peraltro pagandoli anche, solo per avere audience".
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