Gli inizi e le difficoltà del giovanissimo Nico Gonzalez, le possibilità di affermazione dell’ultimo arrivato in viola, Lucas Beltran, l’ambizione di Lautaro Martinez: Fernando Batista ha incrociato – fra Argentinos Juniors e Argentina maggiore, Under 23 ed Under 20 – molti dei suoi connazionali che oggi dominano la scena in Europa, fra i quali alcuni protagonisti dell’attuale Serie A.
Ai microfoni di SPORTITALIA, l’allenatore è intervenuto per parlare anche di loro, oltre che dell’importante incarico che riveste in qualità di commissario tecnico del Venezuela: partito a lavorare dai settori giovanili e come assistente del primo allenatore Pékerman, Batista sta portando ora avanti un ambizioso progetto per la Seleccion Vinotinto di valorizzazione di talenti e affermazione nel calcio Sudamericano.
Come sta andando il suo progetto con il Venezuela?
"Ruota tutto intorno all'idea, quando uno è allenatore ci sono da un lato i progressi sportivi e dall'altro quelli a più ampio raggio. Con la squadra stiamo lottando in una eliminatoria per andare ai Mondiali, ma al contempo fuori dal campo stiamo portando avanti un grande progetto per lasciare cose buone all'interno della federazione. Sono coinvolte le categorie giovanili, dalla Sub-23 alla Sub-15. Lavorare, per lasciare qualcosa di buono al Venezuela".
Che tipo di lavoro sta facendo?
"Il nostro obiettivo è quello di portare il Venezuela ad un livello dove sia molto competitivo, non solo a livello di Nazionale, ma magari anche per i club che giocano a livello internazionale. Logicamente partiamo dal lavorare sulla base che c'è internamente al Paese: i club, le loro giovanili. E sviluppare tutto non solo nel presente, ma soprattutto in ottica futura".
Quando conobbe Nico Gonzalez? È vero che lo convinse a non mollare con il calcio?
"Lo conosco da quando ha 7-8 anni, ci siamo incontrati all'Argentinos Juniors ai suoi inizi. Ero coordinatore generale di tutto il settore giovanile e infantile. Conosco bene tutta la sua famiglia: i parenti sono fondamentali quando un ragazzo inizia a giocare a calcio e tenta di diventare un calciatore. Non so se dire che volesse con fermezza mollare il calcio, ma a 11-12 anni Nico era, come tanti altri, in una tappa di crescita, di fortificazione anche fisica".
E cosa successe?
"In quel momento nella sua categoria non aveva continuità e non era titolare come ovviamente tutte le famiglie vorrebbero per il loro bambino. In quella fase però avevamo visto lui un ragazzo con margini di miglioramento sui quali lavorare. Parlando con lui e la famiglia, grazie a Dio lo hanno capito e ci hanno lasciati lavorare tranquilli con il ragazzo. Oggi si possono vedere i risultati: non so se volesse davvero abbandonare il calcio, ma sicuramente era molto demotivato e sono contento di vedere i risultati che ha già raggiunto".
La sua partenza è netta quest'anno, da leader. Messi alle spalle gli stop fisici, sarà il suo anno?
"Credo che sia in un gran club, molto simile a quello che può essere per l'Argentina, l'Argentinos Juniors, dove si dà grande importanza alle giovanili ed ai giovani talenti. Nico non ha raggiunto ancora il suo massimo potenziale, ha ancora tanto da dare: penso che a 26-27 anni si raggiunga il massimo di ciò che può dare un calciatore. Si trova in un campionato molto competitivo, in un club altrettanto competitivo. Ora che ha superato questi piccoli infortuni che ha avuto e che sfortunatamente lo hanno costretto fuori dal Mondiale beh, penso che potrà dare tanto sia alla Fiorentina che alla Seleccion".
Alla Fiorentina trova un'altra sua vecchia conoscenza, che ancora non ha lasciato il segno: Beltran.
"Lucas è molto interessante, l'ho allenato per 4 mesi nelle giovanili dell'Argentina, mentre stavamo costruendo la squadra per il Sudamericano. Oggi lo conosciamo: è un attaccante forte, che si sacrifica tanto per i compagni, è il primo difensore della squadra. E quando ha la palla ha grande senso della posizione e capacità di guadagnarsi lo spazio per colpire. La Fiorentina ha fatto un ottimo affare a puntare su di uno come lui. Ha già dimostrato in un club grande come il River Plate di essere un attaccante di valore e logicamente ora lo deve dimostrare anche in Italia, dopo un normale processo di adattamento. Ha una qualità molto buona".
Ha lavorato con un più giovane Lautaro: oggi è fra i 5 migliori attaccanti al mondo?
"Non ci sono dubbi su questo: è sempre più sicuro di quello che può fare e dare. In un calcio dove per gli attaccanti la vita è sempre dura. Sappiamo come si lavora in Italia a livello difensivo. Lautaro l'ho avuto anche lui con l'Argentina e ricordo quanto fosse competitivo. Ha nel gol una sorta di questione personale, non si accontenta mai di quello che fa: se ne fa 1 o 2, poi vuole ad ogni costo fare il terzo. È potente ed ha molta forza. Oggi siamo in presenza di uno dei migliori attaccanti del Mondo".
A proposito della sua competitività: lei come lo 'calmava' in campo? È uno degli aspetti sui quali sembra aver lavorato di più, quello della calma.
"(Ride, n.d.r.) Questo nervosismo fa parte della sua competitività. È una cosa buona quando un calciatore, di suo, non si accontenta. E lui vuole sempre di più e vive per il gol. Questa sorta di ansia la deve gestire l'allenatore che lo vede di giorno in giorno, lui stesso. Ma lui è e sarà sempre più tranquillo perché è giovane ed è sempre più a suo agio in certi palcoscenici. Questi attaccanti sono quelli che di solito generano per la squadra la possibilità di segnare, con i loro continui movimenti.Lautaro ne fa parte e ha tanti gol in canna, non è un caso che ne abbia fatti 4 in mezz'ora, di recente".
L'Inter è il posto ideale dove esprimersi per lui, oggi?
"Lo vedo molto a suo agio e felice in un posto dove per prima cosa ha un vicepresidente come Zanetti: Pupi, in questi momenti difficili che può passare un calciatore, conoscendo bene il club ed i tifosi sa quali parole usare per incoraggiarti. All'Inter gli argentini hanno fatto la storia e lui si trova in un momento del club molto buono, competitivo, lotta per lo Scudetto e per arrivare in fondo in Champions".
Ha raccontato di quando addirittura, dopo un derby al suo primo anno a Milano, le disse di voler lasciare l'Inter.
"Era un momento in un normale processo di adattamento che ovviamente anche lui dovette affrontare, come tutti i giovani che sono appena arrivati in Europa. Ai giovani in quei momenti dico sempre che l'importante è essere forti nella testa, perché è normale doversi ambientare ad un nuovo Paese, cultura, tipo di calcio".
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"Guardiola ha anticipato tutti. Al tempo in cui lo conobbi io dissi che secondo me era un attaccante che volevano avere tutti gli allenatori con sé. Per come già allora cercava ogni giorno di migliorarsi, oltre che per la sua forza e qualità. Di avere una mentalità vincente e non accontentarsi mai. Lo dimostra anno dopo anno anche in Europa. Ha una crescita esponenziale e presto sarà fra i 3 o 4 migliori attaccanti del mondo".
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