Ancora una volta siamo costretti a riportarvi l’ennesimo episodio di violenza avvenuta all’interno di uno stadio, durante lo svolgimento di una partita di calcio
Si potrebbe procedere per ore se non giorni, nel descrivere episodi legati a comportamenti fisicamente violenti compiuti nei vari impianti sportivi più celebri d’Italia dove si gioca al calcio. Il responso sarebbe sempre il medesimo: immensa tristezza provata nei confronti di tutto ciò che va a inquinare il mondo dello sport in generale, offendendo i valori ci coloro che invece credono nella correttezza, nel sacrificio, nel senso del dovere, nella disciplina e nell’altruismo.
Manifestazioni, queste, compiute sempre da persone radunate in gruppo, non necessariamente tifosi, che si ritrovano forti delle loro comuni passioni ed interessi, siano queste il calcio o i canestrelli al ragù. Così assemblati sono in grado di fare e dire cose che da soli non riuscirebbero a fare.
Nel gruppo, come tutti sanno, tendono a prevalere le esigenze del collettivo che a lungo termine si sostituiscono alle caratteristiche dell’individuo singolo. Emergono dunque alcuni aspetti positivi, quali il senso di appartenenza ed il sostegno reciproco, ma anche negativi che comportano l’inibizione dei freni personali che si hanno se ci si trova da soli. L’essere parte di una moltitudine consente una legittimazione inconscia di quei sentimenti difficili e aggressivi che rimangono sotto controllo quando si è isolati.
Va quindi precisato che le emozioni suscitate dall’assistere a una partita fomentano le condotte aggressive solo ed esclusivamente se queste fanno già parte del repertorio comportamentale del tifoso violento. Un’aggressività che va a compensare varie frustrazioni personali, surclassate in questo preciso frangente dall’eccitazione emotiva.
Non è quindi semplice identificare una singola ragione o motivazione che giustifichi il comportamento del gruppo, ma le questure devono pur farlo. È il background personale del singolo che influisce fortemente sulla sua scelta di associarsi alla tifoseria organizzata, qualsiasi sia la squadra di turno.
L’ultimo episodio di questa lunga e sciagurata serie si è verificato presso lo stadio Castellani di Empoli (a margine della gara contro la Juventus) e ha portato il commissariato di Firenze a prendere la decisione irrevocabile dell’emissione di un daspo che durerà addirittura otto anni!
‘Vittima’ del provvedimento è un ultras azzurro, reo di aver dato uno sberlone in faccia ad un altro tifoso dei Desperados (storico gruppo empolese) lo scorso 3 settembre, in occasione della partita che vedeva la squadra toscana fronteggiare la Juventus, la cosiddetta Vecchia Signora.
Nelle motivazioni addotte, si legge, sussiste pure l’aggravante che lo schiaffo è stato scagliato dinnanzi agli occhi del figlio del malcapitato. Il tutto è scaturito da un banale litigio, iniziato perché lo schiaffeggiato pretendeva lo spostamento di uno striscione al fine di poter osservare meglio le fasi di gioco in campo. A suggellare il tutto vi è che lo schiaffeggiatore è pure recidivo, avendo già scontato in passato un daspo di cinque anni.
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