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Categories: Editoriale Calcio

Milan, ma non era tutto da buttare dopo il derby? Josè basta: ammetti il fallimento. Viola Park, Commisso da imitare

Purtroppo, o per fortuna, il calcio non si fa più con i sentimenti. Quelli devono appartenere ai tifosi e non agli addetti ai lavori. E’ brutto dirlo ma è così: un derby vale 3 punti, è una partita normale e i calciatori che oggi giocano con la maglia del Milan domani te li ritrovi con quella dell’Inter. Il derby è bello per la gente e se perdi 5-1 ti fuma il cervello (e non solo) ma chi fa calcio non può farsi distrarre da un bruttissimo risultato se resta un episodio isolato. Accetto il giudizio “Pioli con Inzaghi non ci capisce mai nulla” perché è vero se perdi tutti quei derby; non può essere un caso, ovvio, ma non puoi accettare che una partita ti faccia crollare tutte le certezze costruite. Infatti il Milan ha dimostrato grande maturità dopo il derby. Il Milan avrà ancora pagine nere nel suo libro, come le avrà l’Inter che con il Sassuolo ha capito che lo scudetto può vincerlo ma non sarà una passeggiata con la bici sul lago di Como. Dopo il derby avevano affossato il mercato estivo, avevano risvegliato Maldini da Miami e avevano esonerato Stefano Pioli. Ci vuole equilibrio. Distruggere il Milan per i 90 minuti nel derby ci sta ma devi commentare quella partita e non il progetto. Una squadra nuova ha bisogno di tempo e Moncada ha preso tutti giocatori funzionali al progetto pagandoli di media 20 per rivenderli a 50. Si può puntare allo scudetto ma Napoli, Inter e Juventus hanno più armi del diavolo. Intanto chi è arrivato in estate sta facendo già la differenza. Nota a margine: Kjaer dopo l’infortunio non è più un calciatore da Milan ad alti livelli. Serviva un difensore top vicino a Tomori.

A Roma, invece, stanno sbagliando tutto quello che c’è da sbagliare. Dai tifosi alla società. La colpa è anche della piazza che, in passato, ha fucilato per molto meno tutti gli allenatori invece a Josè Mourinho ha regalato le chiavi di casa e consente al portoghese di entrare con le scarpe piene di fango nel salotto e di lasciare tutte le luci accese. Tanto ci sono gli americani che pagano. Mourinho non fa calcio. Mourinho non è uno da campionato ma solo da competizioni con poche partite. Ti ha fatto vincere una coppa, vero, ti ha sfiorato la seconda coppa vero ma se non raggiungi per tre anni l’obiettivo minimo della società hai fallito. Troppe umiliazioni in questi anni. Troppe partite senza far vedere un’idea di calcio. Tante scuse, troppe, molte chiacchiere e pochi fatti. La Roma ha fatto sessioni di mercato da regina di Italia. Inter, Milan e Juventus hanno fatto molto meno ma nonostante gli sforzi della società la squadra non viaggia e Mourinho continua a bruciare un patrimonio. Forse ora, con grande ritardo, anche i tifosi si fanno le prime domande.

Intanto Commisso l’americano sta insegnando agli italiani come si fa calcio. Si parte dalle strutture e non dai calciatori. Si parte dalle fondamenta e non dai tetti. In Italia lo insultano perché siamo un Paese da terzo mondo imprenditoriale. Rocco ha fatto i soldi negli Stati Uniti e quando era partito non aveva neanche un dollaro in tasca. Alla sua età ha una fame e ambizione che oggi manca ai ventenni con una vita avanti. Il Viola Park è l’inizio del percorso del calcio italiano. I nostri Presidenti non sanno fare ma almeno gli chiediamo di copiare. Capisco bene che è impossibile perché ci vogliono i soldi e se è vero che Commisso li ha fatti e alcuni li ha buttati nella Fiorentina, gli altri non riescono neanche a ripagare i debiti con le banche. Tutto vero. Tra serie A e serie B molti club non hanno le strutture per allenarsi, fanno le squadre B e non hanno impianti per farle giocare e pensiamo sempre a cosa fare oggi ma non a cosa puntare domani. Commisso ha dato uno schiaffo morale a tutti. La Fiorentina è esempio da seguire. Gli altri possono contare solo i debiti maturati con le banche dopo i prestiti ottenuti negli ultimi 10 anni. 

Redazione

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