Quattro gol. O meglio, quattro autogol e via dal Mapei con la coda tra le gambe. Una Juve tragicomica perde la bussola nel momento decisivo della stagione. Già, perché con le altre impegnate in Europa i bianconeri erano chiamati a mettere le marce alte. E invece retromarcia inserita. Di prepotenza e nel peggiore dei modi, rivitalizzando un Sassuolo reduce dal tracollo di Frosinone. Il 4-2 finale non descrive neanche bene la bambola juventina, arrivata da errori degli insospettabili e tradita dai suoi leader.
Eppure tutto sembrava raccontare una Juve concentrata e convinta. Dopo 112 formazioni diverse Max conferma l’11, quello travolgente contro la Lazio. E il primo tempo parte bene, con buon possesso e buon fraseggio, fino al primo blackout. Al decimo Lauriente prende e spara dai venti metri, Szczesny calcola male la traiettoria e la sfera termina alle sue spalle. Alla fiera dell’errore partecipa anche Vina, che tempo nove minuti e pensa bene di spingere nella propria porta un pallone insidioso arrivato da sinistra destinato a McKennie. La Juve va a singhiozzo, Dionisi muove le pedine in campo. Allegri pensa all’intervallo, anche i suoi e spengono di nuovo la luce, stavolta con Gatti. Uscita palla maldestra e Matheus Enrique che apparecchia la tavola per Berardi. Sinistro all’angolino con tanti saluti ai mugugni e ai malumori dell’ultimo periodo.
Malumori che si porta in campo la Juve dopo l’intervallo. Il centrocampo non marca presenza, gli esterni non mordono e in avanti Chiesa e Vlahovic pascolano nel nulla. Dinamico e brillante il Sassuolo, seppur impreciso. Lauriente si prende qualche fischio dopo qualche occasione di troppo sprecata. Come quella al 63, su magia clamorosa di Berardi sciupata malamente dall’esterno. E allora ecco la zampata dal nulla, con Fagioli – entrato per un evanescente Moretti – bravo a ispirare l’azione che manda in gol Chiesa. Destro del 7 in area e pareggio miracolosamente riacciuffato. Neanche però il tempo di riorganizzare l’assalto finale che Szczesny quattro minuti dopo ne combina un’altra, respingendo sulla testa di Pinamonti un tiro tutt’altro che irresistibile. La Juve sparisce, inghiottita dalle trame di Enrique e di un Boloca splendente e scintillante in mezzo al campo. Il finale è accademia, neroverde, e asilo, bianconero. Defrel prova a spaccare la porta prendendo in pieno la traversa, prima del sipario fatto calare dal comico autogol di Gatti, su alleggerimento superficiale di uno Szczesny da zero in pagella.
Tutti dietro la lavagna. Con pochi da salvare, giusto Chiesa e i suoi soliti lampi. Troppo pochi per una Juve si senza Europa ma anche senza testa. Dietro la lavagna anche Allegri: “Sarà un gran risultato arrivare quarti”. Un freno a mano tirato pericolosamente su a settembre neanche finito. Il tasto del reset dovrà essere premuto sulla via di Torino, perché il sorprendente Lecce arriverà dal Salento con oneste ambizioni di mettere pura allo Stadium. E i tifosi juventini di serate da horror ne hanno già abbastanza.
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